Tik Tok, conosciuto anche come Douyin è un social network cinese lanciato nel settembre 2016. Consente di registrare brevi video musicali in playback, che durano dai 15 ai 60 secondi, eventualmente con l’aggiunta di vari effetti speciali.
Nel novembre 2017 la società creatrice ha acquistato Musical.ly e il 2 agosto 2018 i due network si sono fusi per creare una “community migliore, più grande”. Al momento è tra le 50 app più scaricate in Italia e ha un giro pari a 500 milioni di utenti, chiamati muser.
Come funziona? I muser girano, appunto, brevissimi video musicali, con orientamento verticale (come Instagram per intenderci) che si cancellano automaticamente dopo 24 ore e sotto i quali si possono lasciare like e commenti. Ci sono inoltre le challenge e i duetti, tutto ciò in un vortice di esibizionismo più o meno innocente, bisogno di accettazione e voglia di mostrare il proprio talento per ottenere 15 secondi di celebrità. Alcuni muser sono diventati delle vere e proprie star, collezionando milioni di followers e scrivendo libri, come nel caso di Elisa Maino, che ha pubblicato #Ops.
Un’applicazione apparentemente innocua e divertente che segue le necessità un po’ esibizioniste degli adolescenti di oggi, ma che presenta un lato (molto) negativo: se da un lato numerosi giovani, dai 9 ai 24 anni, prevalentemente ragazze, si divertono a dimenarsi davanti a una webcam, cantando in playback, in abiti più o meno succinti, mostrando più o meno centimetri di pelle e atteggiandosi a grandi performers, dall’altro ci sono una serie di maniaci o addirittura pedofili che approfittano di questi comportamenti disinibiti e ingenui, per diffondere materiale pornografico e pedopornografico, arrivando a ricattare gli utenti.
Insomma, dal semplice divertirsi, “scemeggiando” per farsi notare, al finire nella rete di qualche malintenzionato è un attimo, soprattutto nel caso di ragazzi molto giovani, che ancora non sanno come gestire l’immenso potere e allo stesso tempo il grande pericolo nascosti nel web.
Inoltre c’è anche il rischio che il bisogno di essere sempre al centro dell’attenzione e in contatto con gli altri utenti, diventi patologico, sfociando nel F.O.M.O, Fear of missing out, cioè il timore di essere esclusi dal gruppo di amici virtuali.
In questo caso sono i genitori che dovrebbero cogliere i segnali di disagio che sicuramente si accompagnano a certe situazioni, invadere sì la privacy dei loro figli, anche se non è corretto farlo e capire cosa stia succedendo per poter prendere provvedimenti, anche perché per iscriversi all’app bisogna avere minimo 14 anni e il consenso dei genitori, ma come al solito tali restrizioni sono facilmente aggirabili.
A questo proposito mi sento di dare un consiglio agli adulti: staccate un attimo gli occhi dagli smartphone e dai pc e date più retta ai giovanissimi che vivono intorno a voi, perché, diciamoci la verità, non è del tutto normale che bambine di 9 anni, facciano mossette sessualizzate in un social network a cui tutti possono accedere senza problemi, pedofili arrapati compresi. Pensateci!