Trama: Tre amici, quelli di sempre. Leo, Kevin e Tom. Dopo anni di scorribande nella sonnolenta Trieste, la loro città, si separano per poi ritrovarsi a Vienna. Qui è Tom a convocare Leo – vero protagonista del libro – e Kevin, per coinvolgerli nel progetto di una galleria dedicata alla Pop Art. Ma, in un susseguirsi di colpi di scena e di innamoramenti, tra alcol, eccessi e grame figure, sempre sul filo dell’autoironia, devono via via fare i conti con le loro differenze caratteriali e con una stridente diversità di aspettative. Un disilluso affresco della nostra società in una Vienna che fa da cornice classica a uno stile… del tutto Pop.
Infinito Edizioni
Recensione: Una trama apparentemente banale che è solo il canovaccio di una storia ben studiata e fuori dall’immaginario del lettore che si approccia a questo libro. I personaggi sono incisivi e Leo, il protagonista cattura le simpatie del lettore. E’ irriverente, strafottente, sagace e soprattutto vero. Non è mai falso, né buonista. Tutto s’immaginava di trovare a Vienna tranne che l’amore per una donna dalle caratteristiche algide: Margarida. Lei lo guarda ma non lo vede, per lei quasi non esiste. Leo è fuori dagli schemi fa e dice cose che scandalizzano, aprono il caso Leonardo Belli, sarà sulla bocca di tutta Vienna. Teo, invece è il suo esatto opposto: misurato e troppo costruito. Kevin è una piuma: si lascia trasportare per la sua leggerezza, un giovane che incute dolcezza spesso oggetto posto tra incudine (Teo) e martello (Leo). Di una simpatia esilarante ho trovato Nadir, un vero e proprio caleidoscopio: più donna che uomo, factotum della casa e non solo, divertente e veritiero.
Lo stile di scrittura sorprende per la sua ricercatezza senza mai essere ridondante, la definirei educata. Forse ho meno apprezzato il continuo ripetere il nome dell’interlocutore durante i dialoghi, ma di sicuro è cosa voluta.
Originale aver scelto la Pop Art come fulcro, credo che siano ben pochi i libri in cui questa faccia da sfondo. Arricchente dal punto di vista culturale l’introduzione ad un grande artista del calibro di Steve Kaufman che viene spesso citato quasi sottovoce, cosa che mi fa apprezzare ancor di più Massimiliano Alberti che così facendo ha evitato di atteggiarsi a grande critico d’arte.
Numerose feste sfarzose fanno spesso da scenario, con atmosfere che richiamano un po’ quelle di Gatsby dove l’ipocrisia è talmente densa da essere tagliata col coltello e Leo rappresenta proprio quel fendente.
Massimiliano Alberti nasce a Trieste nel 1979, in quel cantuccio di terra cosmopolita che ha fatto da arena a molti artisti e scrittori di fama internazionale, come James Joyce, Italo Svevo e Umberto Saba.
Non ancora finito di terminare gli studi universitari, è assunto in una delle aziende più importanti nel mondo del caffè. Il lavoro, però, lo porta a trascorrere molto tempo via da casa, dove nei momenti di solitudine coltiva la passione per i libri e la scrittura; l’amore per la sua azienda, rinomata per la continua ricerca dell’eccellenza, influenza non di poco il suo futuro modus operandi. Se il miglior espresso deriva da un’attenta selezione fatta chicco per chicco, così lui studia altrettanto parola per parola.
Nipote dello scultore Tristano Alberti, cresce fra i bozzetti, i quadri e le statue del nonno. L’influenza artistica, dunque, lo incoraggia a prendere la penna fra le dita sino a trasformare i suoi pensieri in uno scritto. E il 24 maggio 2017, Infinito Edizioni accetta la sua proposta alla pubblicazione. L’INVITATO è il suo romanzo d’esordio, alla cui scrittura ha dedicato anni della sua vita.
INTERVISTA
Hai dedicato molto tempo alla stesura de L’invitato, parlaci di come è nato.
Ho dedicato sei anni di passione e sacrificio fra quelle pagine. E’ l’opera prima, non avrò una seconda opportunità per lasciare la prima impressione… Come è nato? Beh, doveva essere un messaggio e poi in corso d’opera è diventato un libro,il destino ha voluto così.
Come mai hai pensato alla Pop Art come fulcro? E’ un argomento molto poco trattato nei romanzi, sarà forse perché nelle vene hai sangue artistico ereditato dal nonno?
Mah, forse che sì forse che no. Chi lo sa. Il guizzo della Pop Art mi è venuto dopo aver visitato una mostra a Trieste nell’agosto del 2013 (quel giorno era presente anche Vittorio Sgarbi per la critica). Nel colore di quei quadri ho visto l’ironia del mio stile e nelle immagini nostalgiche e tremendamente reali una sottile melanconia. Così, seduto davanti a un caffè con Alberto Panizzoli (collezionista), ho chiesto se potevo avere delle informazioni a riguardo per inserirle in un libro che stavo scrivendo. Due mesi dopo avevo il patrocinio della Steve Kaufman Art Licensing LLC!
Complimenti per i personaggi: tutti minuziosamente particolareggiati. Ho amato moltissimo Leo e Nadir. Sono venuti fuori dal tuo estro o ti sei ispirato a qualche amicizia personale?
Un po’ e un po’… Quello che posso dirti è che Leo credo di conoscerlo molto bene…
Viene spesso nominato Steve Kaufman, assistente e collaboratore di Andy Warhol, grande rappresentante della Pop Art. Come è nata e come si è svolta la tua collaborazione con la sua amica ed assistente Diana Vachier ?
Dopo l’incontro con il collezionista Alberto Panizzoli. A lui ha convinto la storia e così mi ha presentato a Diana Vachier, titolare della Steve Kaufman Art Licenzing LLC.
Mi complimento per la scelta linguistica, ne sono rimasta rapita: raffinata e mai leziosa, delicata ed energica allo stesso tempo. Una scelta o un modo personale di esprimersi?
Credo che in Italia ci sia l’ossessione di scrivere troppo in maniera semplice e asciutta, alla continua ricerca della morale o di far piangere. Se sono in errore, perché la miglior narrativa è sempre quella che arriva da fuori? Abbiamo una lingua stupenda, usiamola! Tornando alla tua domanda, ti rispondo: trascorrendo tanto tempo in macchina per motivi di lavoro ho avuto modo di ascoltare parecchi audiolibri, tutte interpretazioni provenienti da libri classici. E così il sound mi è entrato nella mente…e anche nel libro. E poi parliamo di narrativa, dunque… “Non esistono libri morali o immorali, i libri sono scritti bene o scritti male e questo è tutto.” Oscar Wilde.
I fasti delle feste presenti nel libro mi hanno ricordato un po’ l’atmosfera de Il grande Gatsby, ovviamente in chiave moderna.
“A little party never killed nobody….” Così intonava la musica fra le mura del Signor Gatsby nel film interpretato da Leonardo Di Caprio. Che dire, le ho vissute e voluto raccontarle. Un pò per malinconia e un po per far sognare. Non sono il tipo di scrittore che parla dei fiorellini raccolti in montagna…
L’invitato avrà un seguito?
La mia intenzione era di no. Ma nel mio intimo so che la volevo. E così, spronato anche da alcuni lettori che me l’hanno chiesta, sono al secondo capitolo…
Ed a questo punto mi sorge un dubbio, ho intervistato Massimiliano o Leo?