Il 16 settembre scorso, Puff Daddy è stato arrestato nella sua residenza di Manhattan.
Ormai sono pubbliche le accuse a suo carico: associazione a delinquere, traffico sessuale e favoreggiamento della prostituzione.
Secondo i documenti legali, Diddy avrebbe abusato, minacciato e costretto donne e non solo a soddisfare i suoi desideri sessuali, nel tentativo di proteggere la sua reputazione e nascondere comportamenti inaccettabili.
Alla diffusione delle notizie scioccanti sulle accuse a carico del rapper più famoso del mondo si è scatenata un’ondata di indignazione social che cresce giorno per giorno.
Gli aspetti più inquietanti sono il numero delle vittime destinato a crescere ancora e le storie che emergono di violenza, soprusi e abusi nei confronti di tanti tantissimi che partecipavano ai suoi party, con un dubbio da sciogliere legato al coinvolgimento dei vip presenti ai suoi festini miliardari di cui erano spesso ospiti fissi.
Sean Combs, questo il suo vero nome, non è certo nuovo a controversie legali, nel 2016 come si vede in un video diffuso dalla CNN, aveva picchiato ferocemente in un hotel la sua ex ragazza, Casandra Ventura e certo non aveva avuto sempre comportamenti esemplari nella sua vita.
Il vaso di Pandora scoperchiato sta però portando alla luce cose inenarrabili: uso di droghe e alcool, senso di onnipotenza, prepotenza, violenza con fatti che, se provati e se veri, dipingono un uomo spaventoso e non di certo il re del Rapper tanto osannato.
Dal giorno dell’arresto sono emersi, e continuano a emergere, diversi retroscena e dettagli piuttosto inquietanti sui festini che Diddy avrebbe organizzato, coinvolgendo diversi nomi delle star musicali statunitensi, da Jennifer Lopez, all’epoca sua compagna a Justin Bieber su cui aleggia una alea di sospetti fortissimi essendo stato sotto la sua ala protettiva fin da piccolissimo, Leonardo Di Caprio e Paris Hilton, Beyoncé e le Kardashian e molti altri ancora sotto la lente di ingrandimento dei giudici americani: tutti quei vip che hanno partecipato ai suoi “white party” documentati nei video presenti nella sua dimora di lusso e sequestrati in quanto formidabile oggetto di prova visto che pare si registrasse in molti casi per cui ha lasciato traccia delle violenze perpetrate e oggi denunciate.
In arrivo su Netflix un documentario diretto da Alexandra Stapleton che esplorerà queste accuse di abusi il cui ricavato sarà destinato alle vittime di violenza sessuale per sostenere la loro battaglia.
Dopo la diffusione delle notizie, la domanda viene spontanea ma chi è Puff Daddy? E’ il secondo rapper più ricco al mondo, secondo l’ultima classifica stilata da Forbes del 2024.
Sean Combs è considerato un magnate dell’intrattenimento e il suo patrimonio netto è stimato tra gli 850 e un miliardo di dollari.
Dalla fondazione di Bad Boy Records negli anni ’90, con The Notorious B.I.G., fino alla sua carriera da solista, Puff Daddy ha accumulato non solo una ricchezza materiale bensì qualcosa di più significativo e determinante: un’influenza culturale ed economica senza pari.
Non solo è uno dei rapper più ricchi, ma si posiziona tra i dieci musicisti più ricchi al mondo, grazie a strategie imprenditoriali innovative che hanno dominato l’industria musicale, e non solo. Oltre alla musica, infatti, Sean Combs ha investito anche nel settore moda, alcolici e media.
Tornando alle accuse, in
una conferenza stampa l’avvocato texano Tony Buzbee ha annunciato che rappresenterà 120 vittime di presunti stupri e aggressioni sessuali da parte di ‘Diddy’, 60 uomini e 60 donne, in quella che si annuncia come una delle più grandi cause collettive nell’era del #Metoo.
I numeri però pare siano destinati ad aumentare.
Tra le fila dei ricorrenti, 25 erano minori all’epoca dei fatti denunciati e uno, addirittura pare fosse un bambino di appena 9 anni. “Il più grande segreto dell’industria dell’intrattenimento è stato finalmente rivelato al mondo. Il muro del silenzio ormai è stato rotto” – queste le dichiarazioni del legale delle vittime.
Le accuse contro la star dai mille pseudonimi, P. Diddy, Puffy, Diddy, Puff Daddy, e Love, non sono relative solo a fatti recenti perché coprono un arco di tempo di ben 33 anni.
Le prime si riferiscono al 1991, le ultime a quest’anno. La maggior parte si concentrano però dopo il 2015.
Sempre secondo la ricostruzione, la maggior parte dei querelanti sostengono di essere stati abusati dopo le feste organizzate da Puff Daddy, conosciuto anche come P Diddy.
I pretesti per festeggiare nei White Party erano diversi: l’uscita di un album, il capodanno, l’Independence Day… In altri casi incontri fatti passare come audizioni per ragazzi alla ricerca del successo, sarebbero finiti con uno stupro.
Tra le testimonianze spicca quella di un uomo che denuncia di essere stato stuprato in uno studio di registrazione a New York quando aveva solo 9 anni. E ancora: Puff Daddy avrebbe attirato in casa sua un ragazzino, lusingandolo e prospettandogli un futuro da star. Una volta soli, il rapper l’avrebbe costretto a un rapporto orale.
Di qualche ora fa, la denuncia di una donna che racconta di essere stata violentata con un telecomando e di aver temuto per se stessa e perché lei come tutti temevano di non essere creduti considerata la sua fama mondiale ecco perché la scelta di tanto prolungato silenzio.
Secondo il legale di controparte, esisteva un chiaro modus operandi: alle presunte vittime venivano offerte bevande corrette o anche droghe, dopodiché avveniva l’aggressione o lo stupro o la violenza sessuale o la pretesa di soddisfare un suo desiderio sessuale.
Le sontuose feste a casa del rapper pare infatti che fossero organizzate in due momenti: il White Party, vero e proprio che era festa con il dress code rigorosissimo (ci si doveva presentare vestiti esclusivamente di bianco), alcol e musica e i freak off, veri e propri show di performance sessuali estreme in cui donne e uomini subivano i più vari abusi, drogati e costretti a idratarsi tramite flebo per portare avanti quelle terrificanti e degradanti maratone del sesso. Tra le prove raccolte dagli inquirenti ci sono diversi video girati durante queste performance e circa 1000 bottiglie di olio Johnson Baby e altri lubrificanti rivenuti nell’abitazione di Combs.
Il numero di denuncianti a questa seconda fase del party a quanto pare e’ quindi decisamente destinato a lievitare, anche se come all’epoca del Metoo, le singole cause dovrebbero confluire in un’unica azione collettiva dove emergano i tratti tipici di un reato continuato e perpetrato ai danni dei suoi “privilegiati” invitati visto che le sue feste erano le più ambite di Hollywood.
Alle accuse, Mr Combs nega categoricamente e con enfasi come falsa e diffamatoria qualsiasi affermazione secondo cui avrebbe abusato sessualmente di chiunque, compresi i minori. Non vede l’ora di dimostrare la sua innocenza e di vendicarsi in tribunale, dove la verità sarà stabilita sulla base delle prove, non delle speculazioni”.
Resta davvero sconcertante scoprire che dietro lustrini, successi, fiumi di denaro e benessere infinito, si nascondesse la malvagità, la squallida banalità della pochezza umana e la irragionevolezza di chi non ha saputo gestire la sua sconfinata fortuna e ricchezza, probabilmente utilizzandole a suo favore per mettere a tacere l’indicibile che avveniva davanti ai suoi occhi e nella sua casa, dietro la sua diabolica regia, divenendo artefice del male a se stesso e a tanti che lo hanno incrociato sul cammino pensando si trattasse di un privilegio rivelatosi poi una grandissima dolorosissima e traumatica delusione.