È stata assegnata a “Paradiso” di Michele Masneri, pubblicato da Adelphi, la 14/a edizione del Premio Cortina d’Ampezzo, curato da Francesco Chiamulera nell’ambito della rassegna Una Montagna di Libri, festa internazionale della letteratura in programma a luglio e agosto.
Il Premio della Montagna Cortina d’Ampezzo va a “La montagna non ride e non piange” di Marco Berti, pubblicato da Solferino.
La decisione delle giurie si è svolta in una cornice di lutto, per l’improvvisa scomparsa di Vera Slepoj, presidente e cofondatrice del Premio.
Per il presidente della giuria Gian Arturo Ferrari, “con la levità crudele del suo maestro Arbasino, Michele Masneri ha dipinto un hortus conclusus sulla riva del Tirreno laziale, abitato da una fauna umana eterogenea ma accumunata da una decisa propensione all’insensatezza e al disfacimento”.
Marco Berti “offre ai lettori non solo l’esperienza di una vita di arrampicate sulle cime più impenetrabili del mondo, ma anche una riflessione sul senso dell’essenziale che la montagna e la sua frequentazione generano nel cuore dell’uomo. Perché la montagna non ride e non piange, resta infatti sovranamente indifferente, nella sua impervia e ostile nudità, alle emozioni di quei pazzi come Berti che le percorrono in solitaria”, commenta la presidente dell’altra giuria, Marina Valensise.
La cerimonia di proclamazione è fissata per sabato 24 agosto, con la lettura completa delle motivazioni e l’incontro con i vincitori, all’Alexander Girardi Hall di Cortina d’Ampezzo.
Paradiso di Michele Masneri
Nel «giorno più caldo di una delle estati più calde che si ricordino», Federico Desideri, giovane giornalista di belle speranze ma di scarse soddisfazioni, riceve dal direttore della rivista «di nicchia» con cui collabora l’incarico di andare a Roma a intervistare un famoso regista, autore di un film di strepitoso successo al centro del quale giganteggia un memorabile, fascinoso cialtrone. Federico scoprirà ben presto che il regista è latitante, ma in compenso, nel corso di una serata mondana, gli verrà indicato colui che di quel personaggio si dice sia stato il modello: Barry Volpicelli. Sorta di psicopompo a metà strada tra un pifferaio magico e il Bruno Cortona del Sorpasso, Barry condurrà Federico in un luogo incantato: il Paradiso, immenso compound di ville e bungalow sgarrupati sul litorale laziale, dove vive in compagnia di un ristretto gruppo di vecchi freak amabili e strampalati. Un ambasciatore che accumula prodotti di discount, un ginecologo a riposo che alleva galline ornamentali, il principe Gelasio Aldobrandi che – in preda a una perenne angoscia «misticoaraldica» – persegue il sogno irrealizzabile di un erede, una coppia di lesbiche che rimpiangono i giorni fasti in cui venivano invitate in Vaticano da papa Ratzinger, una ex bellona che accusa l’intero cinema italiano di averle rubato le idee e, non ultime, la prima e la seconda signora Volpicelli. Fra interminabili conversazioni di delirante futilità, e una notte in cui qualcuno rischia di uccidere uno degli ospiti, fra l’arrivo di una celebre influencer e una morte sospetta, molte sono le cose che il giovane Federico vedrà e imparerà durante il suo soggiorno al Paradiso. Fino al momento in cui si renderà conto di non poterne, o non volerne, più uscire.
La montagna non ride e non piange di Marco Berti
Prima di percorrere in solitaria, e dopo quarant’anni, una via da lui stesso aperta con Gianni, il suo compagno di cordata che non c’è più perché è rimasto giovane su un’altra montagna pesante di neve, l’autore incontra un amico, Leo, che non vedeva da tanto tempo.
«Strano, trovarti qui» esclama Marco davanti a Leo: modo tutto proprio dell’autore per introdurre quello che sarà un suo vero e proprio viaggio, la via prevista in solitaria per il giorno dopo.
Quello che segue è un racconto pensato per chi le montagne si limita a guardarle dal basso, ammirandole e interrogandosi sui motivi che spingono a salirle, spesso rispondendosi con un giudizio negativo.
È una storia destinata ai lettori appassionati che «sentono» come Berti, che sognano tutto quello che a loro è sfuggito o che hanno appena intravisto.
Così, “La montagna non ride e non piange” ci rivela la complessità di emozioni, legami, passioni che appartengono a chi sente il bisogno di praticare l’alpinismo trovandone il senso nella condivisione di avventure e i profondi, variegati e contrastanti sentimenti che ne derivano.
È un racconto sull’amicizia, sulla gioventù e sull’esperienza, in un continuo gioco tra il passato e il presente, nella trama di un’avvincente scalata e nella cornice di una montagna che riesce a essere al contempo un punto ideale cui tendere e una realtà che appartiene alla vita.