La leggenda di una strega che ruba l’anima, una targa dall’oscuro significato, e un vicolo che non c’è più.
Questa storia, come molte altre della Napoli misteriosa comincia proprio nel cuore della città tra i suoi intricati vicoli, dove il sole fa capolino di rado, dove la passione con la sua forza, entra sempre nella vita di ognuno.
Fino al 1890, in uno di questi vicoli chiamato Vico Pensiero, che costeggiava l’Archivio di Stato, prima che il Risanamento ne cancellasse l’esistenza, vi era una targa che avvisava i passanti di prestare attenzione perché lì abitava, o aveva abitato, una donna, o meglio una strega che aveva il potere di far uscire di senno gli uomini. A monito la targa dava prova concreta che qualcosa doveva essere accaduto.
” Povero pensiero me fu arrobbato, pe no le fare le spese me l’ha tornato ”.
Due versi, in napoletano, quattro brevi righe, dal significato abbastanza oscuro. Sembra che la targa fosse lì da sempre, almeno dal ‘500, a giudicare dalla lingua.
E così il popolino dette sfogo alla sua fantasia iniziando a raccontare che la targa era stata affissa da un giovane prima di sparire per sempre dal vicolo.
Si racconta che il povero giovane fosse un poeta che, una sera, in quel vicolo, trovò un gattino, lo prese e lo mise sotto il mantello per portarlo a casa. In quel momento si spalancò una porta, del vicolo, e una donna bellissima gli si fece incontro rivendicando la proprietà del piccolo gatto. Una parola tira l’altra, uno sguardo un po’ languido, una carezza appena accennata e all’alba il giovane poeta era già innamorato perso della giovane sconosciuta.
Si diedero appuntamento per la notte seguente e così pure per la notte dopo e per quella successiva ancora e per tutte le notti a seguire. Ma una brutta notte la bella sconosciuta non si presentò al loro appuntamento notturno. Il giovane poeta la cercò invano ovunque, chiedendo a chiunque incontrava notizie della giovane, ma nessuno sapeva dirgli niente perché nessuno l’aveva mai vista. Tutti nel vicolo cercarono di consolare il giovane dicendogli che non era stato altro che un sortilegio, un gioco maligno di una strega per far perdere il sennò agli uomini. Ma la spiegazione non bastò allo sfortunato giovane che finì per impazzire completamente pensando alla felicità perduta, e prima di sparire, avrebbe inciso la targa per mettere in guardia altri uomini che malauguratamente fossero passati da quel vicolo.
Una spiegazione alla targa, forse più vicina al vero, ci viene invece da un illustre studioso, Ludovico de la Ville sur Yllon, che sostiene che la frase è da riferire ad un episodio di furto che aveva interessato un bassorilievo e che raffigurava un uomo assorto, seduto su uno sgabello con la testa appoggiata sulla mano destra, nella posa tipica di chi pensa. E sotto alla figura c’era una piccola lapide che riportava una scritta sibillina, interpretabile in diversi modi:
“Povero pensiero me fu arrobbato, pe no le fare le spese me l’ha tornato” (Povero pensiero, mi fu rubato, ma per non pagarne le spese, mi fu restituito. Sembrerebbe che dopo aver rubato il bassorilievo il ladro pentito lo restituì apponendo la lapide per esprimere la sua vergogna per il gesto compiuto
La targa di Vico Pensiero, è conservata nell’Istituto di Storia Patria, grazie all’intervento di Benedetto Croce che riuscì a convincere il proprietario dello stabile dove era affissa a donarla all’Archivio di Stato, prima che l’edificio venisse abbattuto, nel 1890.
Photo:Sara Masoero,Grande Napoli