Ci siamo, il calcio è pronto a ripartire: lunedì scorso la Lega di Serie A ha diramato il calendario delle partite, un autentico tour de force che inizierà nel weekend del 20 Giugno con i recuperi della venticinquesima giornata, per concludersi il 2 Agosto dopo che (se non ci saranno intoppi e nuovi positivi al Coronavirus…) saranno state giocate 124 partite in 44 giorni.
Il Napoli riprenderà addirittura prima, visto che il 13 Giugno dovrà giocarsi in un San Paolo deserto l’accesso alla finale di Coppa Italia contro l’Inter, provando a difendere l’1-0 conquistato all’andata: gli azzurri giocherebbero l’eventuale finale all’Olimpico (sempre a porte chiuse) solo 4 giorni dopo, il 17 Giugno.
Il pallone torna a rotolare, dunque, 95 giorni dopo l’ultima partita giocata: il “Monday Night” tra Sassuolo e Brescia, disputato a porte chiuse il 9 Marzo, proprio mentre il Premier Conte annunciava il “lockdown” su tutta la Penisola per arginare l’emergenza-Covid 19, scoppiata due settimane prima.
Il Napoli è fermo da ancor più tempo, visto che l’ultima partita gli azzurri l’hanno disputata e vinta al San Paolo (ancora aperto ai tifosi) contro il Torino Sabato 29 Febbraio.
Sabato prossimo, 105 giorni dopo, ripartirà quindi una stagione davvero anomala per i partenopei, così ricca di eventi e “colpi di scena” da apparire infinita ben prima di essere interrotta per il dramma del Coronavirus.
Sembra infatti passato un secolo da quando il Napoli, guidato da Carlo Ancelotti, si presentava ai nastri di partenza di questo campionato con legittime ambizioni di titolo, in virtù di un solido secondo posto conquistato nella stagione precedente, di un ottima “preseason” e di una campagna acquisti importante (Manolas in difesa e Lozano in attacco gli acquisti di maggior rilievo), seppur priva della “ciliegina sulla torta”, visto che Icardi e soprattutto James Rodriguez (un’autentica telenovela la trattativa con il Real Madrid) erano rimasti solo sogni di mezza estate.
Gli azzurri, costretti ad iniziare la serie A con una doppia trasferta ad Agosto per consentire la conclusione dei lavori nel rinnovato San Paolo post-Universiadi, sono protagonisti di due rocamboleschi 4-3: la vittoria all’esordio a Firenze, firmata da Mertens, Callejon ed una doppietta di Insigne, e la dolorosissima sconfitta allo Stadium di Torino.
E’ un goffo autogol di Koulibaly (ironia della sorte…) a condannare il Napoli a tempo scaduto dopo una clamorosa rimonta da 0-3 in poco più di 10 minuti, grazie ai gol dei tre nuovi arrivati Manolas, Lozano (esordio con gol) e Di Lorenzo, terzino destro che risulterà la vera sorpresa della stagione azzurra.
Smaltita l’amarezza per il k.o contro la Juventus, i partenopei sembrano procedere comunque con il vento in poppa, vincendo con Samp e Lecce in campionato ed esordendo alla grande in Champions League, grazie al 2-0 (gol di Mertens e dell’altro nuovo acquisto Llorente) rifilato ai Campioni d’Europa del Liverpool il 17 Settembre nella gara inaugurale del girone: una dolce vendetta per l’eliminazione subita proprio dai reds nell’edizione precedente.
Sul più bello però il Napoli si inceppa, perdendo in casa contro il Cagliari dopo una partita dominata: siamo solo alla quinta giornata, ma il ritardo accumulato dalla testa del campionato (dove Inter e Juventus saranno presto affiancate dalla sorprendente Lazio) crea depressione nell’ambiente e tensione nella squadra.
Gli azzurri battono il Brescia in campionato con i gol di Mertens e Manolas, ma questa sarà l’ultima vittoria prima di un lunghissimo digiuno: le cose vanno molto meglio in Champions, dove la bella vittoria di Salisburgo, firmata dalla doppietta di Mertens (che supera Maradona nella classifica marcatori all-time in maglia azzurra) e da Insigne, spalanca, di fatto, le porte degli ottavi.
L’abbraccio tra il capitano e mister Ancelotti sembra sancire la fine di un periodo di incomprensioni, ma la “bomba” è dietro l’angolo e scoppia ad inizio Novembre: il Napoli continua a balbettare in campionato (anche per evidenti torti arbitrali, come nel caso del pareggio interno con l’Atalanta), perde lo scontro diretto per la Champions a Roma con i giallorossi e viene mandato in ritiro “costruttivo e non punitivo” da De Laurentiis, in vista della partita contro il Salisburgo che, se vinta, darebbe la certezza matematica del passaggio del turno.
Contro gli austriaci il 5 Novembre giunge però solo un pareggio in rimonta, firmato da Lozano, ma il peggio arriva dopo il fischio finale: la società conferma il ritiro (sul quale lo stesso Ancelotti in conferenza stampa aveva, compostamente, espresso il proprio dissenso), i giocatori non ci stanno e decidono di ammutinarsi.
Negli spogliatoi volano parole grosse (e forse non solo quelle) tra Allan e il vicepresidente Edo De Laurentiis, mentre gli altri senatori azzurri, Mertens ed Insigne in primis, convincono i compagni a non andare in ritiro.
Sul pullman che avrebbe dovuto portare la squadra a Castelvolturno alla fine salirà il solo Ancelotti, la cui incapacità di gestire il conflitto tra calciatori e società (nonostante le indubbie doti di carisma ed esperienza) incrina sia il rapporto del mister con i giocatori che quello, fin lì solidissimo, con AdL.
In un clima ormai irrespirabile, con tanto di multe comminate ai giocatori e minacce di cause per danni di immagine, il Napoli continua a non vincere in campionato, scivolando verso il centro della classifica.
La panchina del tecnico di Reggiolo comincia inevitabilmente a scricchiolare, nonostante il bel pareggio di Anfield Road del 27 Novembre (altro gioiello di Mertens) spinga ulteriormente gli azzurri verso la qualificazione agli ottavi di Champions, da conquistare però con una vittoria nell’ultima partita contro il Genk fanalino di coda del girone.
Il brutto pari di Udine segna infine il destino di Ancelotti, che viene lasciato in panchina contro i belgi solo per non compromettere la qualificazione: subito dopo il 4-0 (tripletta di Milik) del 10 Dicembre che porta il Napoli tra le prime otto d’Europa, l’allenatore viene esonerato, lasciando la panchina al suo “pupillo”, Gennaro Gattuso.
“Ringhio Star”, definito così da De Laurentiis nella conferenza stampa di presentazione, torna subito al 4-3-3 di stampo Sarrista tanto caro ai giocatori, ma i risultati iniziali sono catastrofici: esordio con sconfitta contro il Parma al San Paolo, “brodino” a Sassuolo prima della sosta natalizia con autogol-vittoria (la prima dopo 2 mesi!) giunto al 91′, e una inquietante serie di k.o. alla ripresa, contro Inter, Lazio e Fiorentina, che porta il Napoli più vicino alla zona retrocessione che a quella europea.
La sconfitta interna con i viola arriva il 18 Gennaio, e le preoccupazioni che la stagione possa prendere una piega drammatica sono più che legittime.
Fortunatamente il più lesto a capirlo è proprio Gattuso, che comprese le difficoltà della squadra ad eseguire spartiti abbandonati due anni prima, abbandona l’idea di un calcio aggressivo e propositivo, che aveva portato gli azzurri ad avere poco equilibrio ed a subire troppi gol.
Dando prova di intelligenza e pragmatismo, l’allenatore calabrese opta dunque per un atteggiamento più prudente, dando priorità alla compattezza difensiva, abbassando il baricentro della squadra, e lasciando che in attacco sia la grande qualità dei singoli a fare la differenza.
La scelta di Gattuso produce dividendi immediati: tre giorni dopo la sconfitta con i gigliati il Napoli elimina dalla Coppa Italia la Lazio Campione in carica al San Paolo, grazie ad uno splendido gol di Insigne.
Il capitano si ripete nel weekend successivo, siglando con una bella girata il gol del 2-0 (di Zielinski la rete del vantaggio) che manda al tappeto la Juventus del fischiatissimo ex Sarri, rendendo inutile il gol di CR7 a babbo morto e sepolto.
Il Napoli vince a Genova con la Samp (4-2 con gol decisivo di Demme, playmaker arrivato a Gennaio insieme al centrocampista Lobotka ed all’esterno Politano per favorire il ritorno al 4-3-3), inciampa incredibilmente al San Paolo (sesta sconfitta casalinga!) contro l’ottimo Lecce di Liverani, dando l’addio ai sogni Champions, ma subito dopo riesce finalmente a piazzare un filotto di successi.
Tra il 16 ed il 29 Febbraio gli azzurri vincono a Cagliari ed a Brescia e ritrovano il successo interno contro il Torino: in 40 giorni sono arrivate dunque 5 vittorie in 6 partite di campionato, a cui vanno aggiunte quelle in Coppa Italia (contro la Lazio e soprattutto contro l’Inter a San Siro nella semifinale di andata, grazie al gran gol di Fabian Ruiz) ed il pareggio non privo di rimpianti contro il Barcellona nell’andata degli ottavi di Champions.
Lo splendido destro a giro di Dries Mertens contro i blaugrana ha consentito, tra l’altro, al folletto belga di raggiungere Hamsik in testa alla classifica dei marcatori azzurri di ogni epoca.
Lo stop del calcio, dunque, è arrivato proprio quando si stavano aprendo prospettive interessanti per il Napoli: i partenopei avevano fatto a tempo addirittura ad acciuffare il sesto posto che, ad oggi, garantirebbe loro la qualificazione all’Europa League (che arriverebbe, ovviamente, anche in caso di vittoria della Coppa Italia).
E’ proprio da “Ciro” Mertens (il cui rinnovo dovrebbe essere ufficiale a breve) e da un ritrovato Capitan Insigne (che, chiuso il rapporto con Mino Raiola, ha avviato anch’egli le trattative per il prolungamento del contratto) che gli azzurri proveranno a ripartire per concludere al meglio questa stagione tribolata, ed a porre le basi per un nuovo ciclo vincente.
L’augurio più sentito, ad ogni modo, è che anche la ripartenza del calcio, così come quella delle altre attività nel Paese, possa svolgersi in piena sicurezza, e che la progressiva riduzione dei contagi (che sembra confermata anche dai dati di questi giorni) possa riportare presto anche il pubblico allo stadio: senza tifosi, il calcio che guarderemo sarà comunque troppo diverso dal calcio che amiamo.