A Marassi il Napoli salva la faccia e poco altro: contro il neopromosso Genoa, la squadra di Garcia gioca 70′ anonimi, va sotto di due gol e soltanto con un finale d’orgoglio riesce a rimontare e ad evitare la sconfitta.
Chi si aspettava una squadra vogliosa di riscatto dopo la batosta interna con la Lazio e 15 giorni a disposizione per riordinare le idee, è rimasto deluso: gli azzurri, in maglia bianca con il Vesuvio sul petto, sono sembrati ben più addormentati dell’iconico vulcano, tenendo inutilmente il pallone e faticando tantissimo nel creare pericoli per la porta genoana.
Dopo un paio di occasioni comunque ghiotte, non sfruttate da Osimhen e Di Lorenzo, il Grifone è passato in vantaggio al primo affondo, a fine primo tempo: sulla battuta di un calcio d’angolo il difensore Bani è stato lestissimo ad approfittare della dormita di Juan Jesus e, per la verità, anche di un’evidente spinta su Anguissa, che avrebbe dovuto portare alla ripetizione del corner, ma che l’ineffabile Fabbri ha preferito ignorare.
Non iniziava meglio la ripresa, con il Napoli ancora imbambolato e con il Genoa pronto a colpire ancora, stavolta con Retegui, sempre su calcio dalla bandierina: inquietante l’immobilismo di Di Lorenzo e di un disastroso Mario Rui, che hanno lasciato il centravanti della Nazionale colpire indisturbato in girata a pochi passi da Meret.
Con il baratro a un passo, Garcia e i suoi (?) si sono scossi: l’allenatore francese, dopo aver già mandato in campo Politano al 46′ al posto di un impalpabile Elmas, ha gettato nella mischia Cajuste e Raspadori, sostituendo Lobotka e ponendo fine all’agonia di un inguardabile Anguissa, uomo in meno del Napoli nelle ultime due partite.
In pochi minuti le scelte hanno dato i loro frutti: al 72′ l’ex Sassuolo ha accorciato le distanze con un sinistro al fulmicotone su imbeccata corta dello svedese, e 8 minuti più tardi Politano ha pareggiato i conti con una splendida volee mancina su delizioso invito di Zielinski, innescato sempre da Cajuste, al termine di un’azione finalmente degna delle qualità di questa squadra.
Con 10 minuti ancora da giocare ci sarebbe stato il tempo per raddrizzare definitivamente una serata storta, ma Garcia ha preferito non correre rischi, inserendo Zerbin al posto di Kvaratskhelia e consegnandosi inevitabilmente a un mare di critiche oggettivamente legittime.
Il 2-2 finale, oltre a lasciare il Napoli a 5 lunghezze dalla devastante Inter di Inzaghi (manita al Milan nel derby), mette probabilmente fine alla luna di miele post scudetto tra squadra, società e ambiente, che ha però già individuato l’unico colpevole nell’ex allenatore della Roma.
Pur condividendo le perplessità sull’eccessiva rapidità con cui Garcia sta provando a cambiare volto alla squadra condotta brillantemente da Spalletti, va anche detto, provando a mantenere la giusta lucidità, che probabilmente portare novità tattiche e cercare di tenere sulla corda il gruppo erano passaggi necessari, anche alla luce del finale dello scorso campionato.
Dopo il poker di Torino, infatti, i Supereroi azzurri hanno giocato costantemente con le marce basse, con la consapevolezza di aver ormai vinto il titolo: al di là dell’impossibilità di sapere quanto questa rilassatezza abbia inciso sulla doppia sfida di Champions col Milan, sicuramente non è semplice riattaccare la spina e tornare a giocare con la necessaria carica agonistica ogni partita.
Del resto tutti gli avversari del Napoli, oltre ad essere galvanizzati dall’affrontare i Campioni d’Italia, sono ormai preparati a neutralizzare i punti di forza degli azzurri, su tutti Lobotka e Kvaratskhelia, e quindi l’idea di cercare soluzioni diverse non appare poi tanto sbagliata.
Quello che però, ad oggi, sembra mancare, è la sintonia tra Garcia e la squadra, probabilmente ancora inconsciamente ancorata al vecchio tecnico e ai vecchi meccanismi tattici: prima che sia troppo tardi, è auspicabile un confronto sereno e costruttivo, con la ricerca di un percorso, non soltanto tecnico, condiviso da tutti.
In un clima niente affatto semplice, dunque, i partenopei sono attesi stasera (ore 21) a Braga per l’esordio nel Girone C di Champions League contro lo Sporting, in difficoltà nel campionato portoghese e candidati al ruolo di Cenerentola in un gruppo completato dall’Union Berlino di Bonucci e soprattutto dal Real Madrid del grande ex Carlo Ancelotti.
Quella di stasera è la prima sfida in assoluto tra le due squadre, mentre il Napoli ha un bilancio perfettamente equilibrato nel computo delle 6 trasferte giocate in Portogallo, con 2 vittorie, 2 pareggi e altrettante sconfitte.
L’ultimo successo in terra lusitana risale al 6 Dicembre 2016, quando la squadra di Sarri sconfisse 2-0 il Benfica al “Da Luz” di Lisbona, staccando il pass per gli ottavi di Champions League grazie alle reti di Mertens e Callejon.
A tre stagioni prima risale l’ultimo k.o.: il 13 Marzo 2014 il Napoli di Rafa Benitez, uscito dalla Champions con il poco invidiabile record di 12 punti, perse 1-0 l’andata dei sedicesimi di Europa League al “Dragao” contro il Porto, con gol di Jackson Martinez, che l’estate prima era stato a un passo dal vestire la maglia azzurra.
Il risultato che manca da più tempo in Portogallo è dunque il pareggio: il 18 Ottobre 1994, nell’andata del secondo turno di Coppa Uefa, fu Benny Carbone a salvare la squadra di Boskov, appena subentrato a Guerini, dalla sconfitta.
L’avversario sembra ampiamente alla portata degli azzurri, ma sarà meglio giocare con la massima attenzione e determinazione, sia perché il momento è particolarmente delicato, sia perché in Champions League ogni passo falso può essere fatale.