Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, (Salamanca 13 luglio 1484–Firenze 1553) dal 1532 al 1553 fu VICERE’ DI NAPOLI, per conto di Carlo V d’Asburgo. Pedro Alvarez de Toledo y Zuniga, era un uomo dallo sguardo glaciale, e dalla presenza austera. Aveva due grandi vizi, il gioco e le donne. Era tanto gentile con chi gli dimostrava amicizia, quanto crudele e vendicativo con le persone che non gli piacevano o non gli erano graditi. Governò Napoli usando un pugno di ferro, fra rivolte e grandi imprese.
Egli fece costruire i quartieri spagnoli nel 1536, per ospitare le guarnigioni di soldati e via Toledo per progettare l’espansione a nord della città diede inizio ad opere pubbliche che sono durate fino ai giorni nostri; introdusse l’Inquisizione Spagnola; riuscì a tenere a bada i nobili e i baroni con sanguinose repressioni e sconfisse i Saraceni nell’epica battaglia di Otranto.
Al quel tempo la Chiesa e i baroni delle terre provinciali esercitavano un potere tanto grande che spesso risultava più forte di quello dello stesso sovrano di Napoli. Don Pedro di Toledo capì ben presto come funzionava questo complesso sistema politico e, al primo “no” detto ai sedili di Napoli nel 1532, incominciò ad inimicarsi tutta la nobiltà napoletana, combattendo contro i privilegi dei nobili e dei baroni.
Commissionò anche la costruzione di una nuova rete fognaria cittadina, con larghi tratti che sono ancora oggi utilizzati e fece restaurare l’acquedotto romano del Serino Fece ripavimentere la città con il basolato vesuviano
Fece restaurareCastel Sant’Elmo a Napoli e il Castello Aragonese di Baia, creò una nuova sede per i 10 tribunali di Napoli a Castel Capuano, dove sono rimasti fino al 1995 dopo la costrizione del Centro Direzionale. All’interno del castello insediò la sede del fisco, dove tutti i cittadini potevano pagare le tasse. La zona fu soprannominata “Vicaria” (da “vicario del re”).
Ovviamente come tutti i potenti aveva moltissimi nemici e fu per questa ragione che lasciò Napoli alla volta di Pozzuoli e scelse come dimora una villa maestosa (ancora oggi esistente). Fece restaurare la Crypta Neapolitana, l’antica grotta romana che collegava l’area flegrea con Napoli, e promosse un editto per ripopolare la città dopo l’eruzione di Monte Nuovo del 1538: chiunque si fosse trasferito a Pozzuoli, non avrebbe pagato tasse. Si impegnò anche a restaurare numerosi edifici di culto a sue spese. Nel 1540 fu emanato un editto per cacciare tutti gli ebrei dalla città, perché accusati di essere usurai, e di rubare oggetti dai cadaveri per rivenderli al mercato. A gli ebrei fu dato un anno di tempo per andarsene dopo di chè sarebbe scattata la pena di morte. Don Pedro si rivelò un dittatore, cosa che ai nobili non piacque anche perchè tramite l’Eletto del Popolo, designato dal viceré, aveva tolto potere alle rappresentanze nobiliari dei Sedili, tanto che ogni nobile chiese a gran voce all’imperatore di cacciar via Don Pedro. Ma l’imperatore non diede loro ascolto.
Nel1547, vi fu l’introduzione del Tribunale dell’Inquisizione che, una dichiarazione di guerra alla nobiltà cittadina che continuava a tramare contro il re. Il popolo si unì in rivolta contro i tributi imposti per le immense spese di ristrutturazione della città. A capo della rivolta ci fu un giovane pescatore di sorrento, Tommaso Anello (da non confondere con Tommaso Aniello di Amalfi, il Masaniello del 1647!). Fu un susseguirsi di rivolte armate, contro l’ esercito spagnolo, mediazioni popolari e carcerazioni.
L’ultima rivolta, assieme alla vendetta sul Principe di Salerno e al fallimento del progetto dell’Inquisizione Spagnola a Napoli, avevano compromesso la presenza politica che Pietro di Toledo non riusciva più a gestire.
Nel 1552 e il viceré aveva 71 anni, l’imperatore Carlo V ordinò all’anziano viceré il compito di guidare l’esercito spagnolo per sedare le rivolte nella città toscana anche se la sua malattia lo aveva reso infermo, ubbidì all’ordine. Ma durante il viaggio verso la Toscana si sentì male, fu portato a Firenze, dove morì il 22 febbraio 1552 e dove fu sepolto nel Duomo anche se lui prima di morire avesse chiesto di tornare a Napoli. La sua tomba fu poi distrutta durante i lavori di risanamento del XIX secolo.
N.B.
Il sepolcro di don Pedro di Toledo, che oggi vediamo nella chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, è vuoto.a, 1988
Benedetto Croce, Storia del Regno di Napoli