Il documentario distribuito da OpenDDB è una testimonianza sugli ultimi giorni di vita di Enrico Berlinguer ed arriva nelle sale cinematografiche italiane il 13 giugno. Prima della fine: gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer è il nuovo capolavoro di Samuele Rossi che racconta con materiali video e audio gli ultimi giorni di vita del noto personaggio politico, morto l’11 giugno 1984. Il docufilm è co-prodotto con Salice Production di Cosetta Lagani e Solaria Film di Emanuele Nespeca, in collaborazione con Sky Documentaries.
Giovedì 7 giugno 1984 Enrico Berlinguer era sul palco di Piazza delle Erbe a Padova e faticava a concludere il suo comizio, quell’intervento sarà l’ultimo della sua vita. Poco dopo Enrico Berlinguer verrà portato in ospedale, dove rimarrà fino all’11 giugno entrando poi in coma per non risvegliarsi più. Il film racconta quei momenti e ricostruisce la cronaca dei cinque giorni che hanno preceduto il funerale a Roma del 13 giungo, in una gremita piazza San Giovanni, nella quale due milioni di persone salutarono il grande segretario del Partito Comunista italiano. Fu un dramma collettivo per l’Italia intera e niente più fu come prima!
Samuele Rossi è nato il 29 ottobre 1984 quindi pochi mesi dopo la morte di Enrico Berlinguer. Tutta questa storia, dunque, Samuele l’ha scoperta in seguito. E forse, gli è rimasta addosso con una forza ancora maggiore. “Per me questo film è un punto di arrivo importante della mia storia di regista e di persona, e apre una nuova fase per me” dice Samuele Rossi.
“È il mio film documentario più importante. Sotto ogni punto di vista. Un punto di arrivo, una resa dei conti, un gesto doveroso, necessario, personale, che recupera il dialogo con una storia che non ho vissuto direttamente eppure che ho, fin da piccolo, sentito sulla pelle attraverso i racconti dei miei nonni, di quella comunità di affetti e di valori, all’interno della quale sono cresciuto e che mi ha formato. Una storia che volevo fare mia, che volevo restituire alla mia generazione e a quelle future, che in qualche modo potesse essere nuovamente vissuta e conosciuta. Ed è il mio lavoro documentario più importante perché mette insieme un percorso durato anni di ricerca, di studio, di costruzione di un linguaggio che potesse essere radicale, che potesse rappresentare la sintesi dei miei precedenti progetti e al contempo restituire in modo delicato e rispettoso la cronaca di sette giorni. Quei sette giorni che sento abbiano in qualche modo tracciato un solco tra un prima e un dopo, tra un tempo chiaro e un tempo confuso. Perché, in questo nebuloso presente, quei giorni, quella storia, quelle emozioni mi sembrano una traccia capace di indicare una possibile direzione, una possibile ricomposizione di un senso, di un’idea di paese, di una memoria che si fa collettiva e non solo privata”. Cosa altro aggiungere? Consigliatissimo!