L’acclamato scrittore albanese Ismail Kadare è morto lunedì 1 luglio per un attacco di cuore, aveva 88 anni.
Autore di numerose opere, tradotte in moltissime lingue e pubblicate in numerosi Paesi del mondo, Kadarè è stato più volte candidato al premio Nobel per la letteratura.
Nel 2009 venne insignito del prestigioso premio Principe delle Asturie, mentre altri premi internazionali gli sono stati concessi negli anni. L’ultimo risale al 2023, quando a Tirana, il presidente francese Emmanuel Macron lo ha nominato Gran Ufficiale della Legione d’Onore, uno dei massimi riconoscimenti concessi dalla Francia, diventata il suo secondo Paese dopo che nel 1990 Kadare chiese asilo politico. Un atto che segnò un duro colpo al regime comunista dell’Albania, prima del suo crollo poco tempo dopo.
Ricordiamo alcune sue opere
Aprile spezzato
Gjorg vive nel nord dell’Albania, tra montagne e villaggi fermi nel tempo. Quando il fratello viene ucciso da un vicino di casa, la vita del giovane muta radicalmente: secondo l’antico codice del Kanun, Gjorg dovrà uccidere il colpevole dell’omicidio di suo fratello e accettare di essere poi, di lì a un mese, assassinato a sua volta da chi vorrà vendicarsi di lui. I trenta giorni che Gjorg ha davanti, fino alla metà di aprile, potrebbero essere gli ultimi della sua vita, così decide di fuggire per cercare di viverli il più pienamente possibile. Nel frattempo una giovane coppia è partita da Tirana in viaggio di nozze: Besun e Diana vogliono raggiungere gli altopiani settentrionali per studiare le tradizioni e le leggi rimaste intatte dal Medioevo, a dispetto della modernizzazione. Lungo il loro percorso incrociano il cammino del fuggitivo; la sposa, al primo sguardo, si innamora di Gjorg, mutando per sempre il destino dei tre protagonisti.
Il palazzo dei sogni
Il giovane Mark-Alem è membro di una delle più potenti famiglie dell’impero ottomano, i Qyprillinj, che, nella loro lunga storia, hanno dato allo stato importanti visir, ministri, politici e amministratori. Nonostante le radici della famiglia fossero in Albania, da secoli ormai i suoi membri vivono a Istanbul e per prestigio sono secondi solo al Sultano. Non tutto, però, era sempre andato bene, come erano soliti ricordarsi tra loro: ¿nella famiglia dei Qyprillinj gli uomini salivano alle più alte cariche possibili o cadevano in disgrazia; non c’erano vie di mezzo. Spesso le disgrazie avevano come origine l’invidia che il sovrano provava perché alle loro gesta era stato addirittura dedicato un poema epico ancora cantato nei Balcani, un onore che nessun Sultano poteva vantare. Proprio per sfuggire a un destino in bilico tra gloria e tragedia, Mark Alem è stato indirizzato a una carriera diversa. Dovrà lavorare al Tabir Sarraj, il Palazzo dei Sogni, un’istituzione misteriosa e potente che, per ordine del Sultano, da secoli analizza e studia i sogni di tutti i sudditi dell’impero cercando di decifrarli, comprenderli e di utilizzarli per aiutare il governo. Al Tabir Serraj i funzionari hanno il compito di esplorare l’inconscio collettivo di un regno immenso e di passare al setaccio milioni di fantasie, allegorie ed enigmi notturni, costretti, quindi, a vivere a metà tra il mondo dei sogni e quello reale in una perenne sensazione di straniamento. Il potere del Tabir Serraj è grande, ma nella sua ombra si muovono forze oscure. Mark-Alem scoprirà ben presto che c’è chi è disposto a tutto pur di influenzare il sovrano e controllare l’impero. “Il palazzo dei sogni” è un romanzo che porta il lettore in un mondo sospeso tra sogno e realtà, nella vicenda di un ragazzo che diventa uomo e nella storia di un impero millenario che sta per tramontare.
Un invito a cena di troppo
Argirocastro, settembre 1943. La città, reduce dall’occupazione italiana, assiste col fiato sospeso all’arrivo dei blindati tedeschi: per ritorsione a un’imboscata contro la propria avanguardia, il colonnello nazista Fritz von Schwabe ha infatti ordinato un rastrellamento di decine di ostaggi da fucilare. Ma a quel punto il colonnello riceve un invito a cena da parte del dottor Gurameto, notabile della città e suo vecchio compagno di università in Germania, e gli eventi prendono una svolta imprevista. Scandita dalle note del grammofono, quella cena aleggerà a lungo nei racconti degli abitanti della città, come in una danza circonfusa da un alone di mistero: cos’avrà convinto il colonnello a rilasciare tutti gli ostaggi, compreso il farmacista ebreo? Dieci anni dopo, anche il morente Stalin vuole vederci chiaro su quel patto inconfessato, che nella sua mente annebbiata potrebbe aver generato il germe di un complotto ebraico contro il blocco comunista. L’istruttoria che ne segue, condotta da due giudici zelanti e ambiziosi, si perderà nel gioco di specchi di una verità impossibile, scavando nel ventre di una città sospesa nel tempo, assopita nel grigiore del nuovo ordine eppure vibrante di umori antichi, ingenuamente pensosa, eppure intrisa di ferocia.
Il crepuscolo degli dei della steppa
“Quando arrivava il crepuscolo andavamo in spiaggia con le macchine fotografìche e le regolavamo per cogliere il momento in cui il sole s’inabissava.” Non succede molto all’Istituto Gorki, una casa di riposo per intellettuali e artisti della tarda Unione Sovietica sospesa sulle propaggini abbacinanti del Mar Baltico. Capita che i più giovani, al riparo dal mondo tra quelle mura desolate, non riescano neanche a immortalare sulla pellicola il passaggio fulmineo di luce e ombra al tramonto. La paralisi del sistema, come forma di controllo del regime, ha fatto calare su di loro una nebbia fìtta e spessa. Pallidi e smagriti, gli scrittori ciondolano nei corridoi del pensionato sostenendo la ragione di stato, ma declamano al chiuso delle loro stanze versi che non scriveranno mai; coltivano, risentiti e rancorosi, manie di grandezza personali ma scoraggiano gli altri dall’azione, dal libero pensiero e dall’amore vero. Conformisti e ipocriti per necessità, gli artisti conducono giornate letargiche in epoca di piena Guerra Fredda, aspettando il momento del riscatto. Eppure, quando l’occasione si presenta – Boris Pasternak vince il Premio Nobel con “Il dottar Zivago”, romanzo inviso al regime e proibito in patria – è soltanto la loro pochezza morale ad avere la meglio, l’unica a trionfare su valori, ideali e responsabilità.
La bambola
“La Bambola”, piccola e fragile come cartapesta, è la madre di Ismail Kadare, cui questo romanzo è dedicato. Kadare fa ritorno da lei a Gjirokaster, la sua città natale in Albania, ripercorrendo la sua stessa storia, la sua educazione e le ragioni del distacco voluto da un Paese e da una famiglia forti e segnanti. Una madre sensibile, insicura e indebolita dal confronto austero con le tradizioni balcaniche che la suocera incarna; un figlio emancipato, libero e indipendente, da cui teme un abbandono radicale e irrazionale per dedicarsi al suo percorso intellettuale, alla fama come scrittore e a un amore ribelle fuori dal matrimonio.
Il dossier O.
A metà degli anni trenta, la vita di N., piccolo e sonnolento paese nel nord dell’Albania, è sconvolta dall’arrivo di due stranieri. Max Roth e Willy Norton, due studiosi irlandesi, sono arrivati da Harvard per approfondire l’antica tradizione dei rapsodi albanesi. Armati di magnetofono, da poco inventato, cercano conferma alla loro teoria, secondo la quale nell’epopea albanese si possono rintracciare le origini dei racconti omerici. E veramente Omero l’autore dell’Iliade e dell’Odissea, oppure ha riunito e trascritto leggende orali più antiche? Le ricerche, però, non sono facili. Max e Willy sono giunti in Albania preceduti da un telegramma dell’ambasciatore negli Stati Uniti. La nota terminava con questa osservazione: “Non si può escludere che i due visitatori stranieri siano delle spie.” Tanto era bastato alle paranoiche autorità locali per incaricare il viceprefetto di N. di smascherarli. Per farlo, l’uomo sguinzaglierà sulle loro tracce il suo migliore agente. I due studiosi, inoltre, si trovano a dover fare i conti con la sete di novità della buona società locale, con una certa diffidenza nei loro confronti e con tensioni etniche che covano sotto la cenere. Tra avventura, suspence e ironia, Kadare ci consegna un romanzo storico affascinante che porta il lettore nel cuore dell’Albania di inizio Novecento, con le sue speranze e le sue contraddizioni. Un thriller che indaga la nascita e il futuro dei grandi poemi epici, l’effimero nell’arte e l’insolubile enigma della creazione artistica.