Con un dignitosissimo ottavo posto, almeno per il momento, l’Italia vive queste Olimpiadi con l’entusiasmo degli atleti, la passione per lo sport , ognuno nella sua disciplina specifica, e il sostegno del Bel Paese.
Eppure con quota 22 medaglie ad oggi, non sono mancate le polemiche per arbitraggi sbagliati o falsati, per atleti poco coraggiosi, per giustificazioni improvvisate, per sfide uniche e disfatte deludenti.
Fin quando gli atleti portano oro, argento o bronzo nulla quaestio, ma alla conta dei numerosi “quarto posto” totalizzati al suon di medaglie di legno, l’insoddisfazione della tifoseria, dei giornalisti e dei cronisti monta inevitabilmente.
E li sta l’errore…nel dimenticare il valore dello sport in sé che non è solo quello di gareggiare e vincere che ben venga ovviamente…ma soprattutto di esserci , di partecipare.
Gli atleti italiani hanno saputo rappresentare molto bene e in più occasioni il significato reale dello sport che è un valore, un valore di vita, un valore di completezza umana, un valore culturale, un valore di obiettivi e traguardi personali da raggiungere e superare.
La bellezza dello sport è il senso dell’attesa unito all’ambizione, dell’impegno unito alla pazienza, della responsabilità unito alla consapevolezza, delle capacità unite alla lucidità, della forza della vittoria unita alla dignità della sconfitta .
E così una nuotatrice neanche ventenne festeggia un quarto posto con un sorriso e non si arrabbia come ci si sarebbe aspettato per il mancato traguardo bensì gioisce per il risultato ottenuto…ad evidenziare – che che ne dicano i cronisti – che il valore dello sport è nello sport di valore dove ciò che conta è l’obiettivo personale dell’atleta che a poco a poco e con fatica può svettare tra i vincitori.
Poi ci sono gli ori che emozionano, spiazzano, fortificano un certo senso di orgoglio nazionale, non nazionalistico ovviamente laddove l’ immedesimazione con il protagonista sportivo diviene catartica del significato più nobile dello sport che resta comunque quello di unire.
Allora fa specie leggere polemiche e attacchi agli sportivi se i risultati non arrivano o se si assiste a rese improbabili…ma nessuno è in grado di giudicare un’esperienza così immensa ed impegnativa come la partecipazione alle Olimpiadi dove si mettono in gioco troppi fattori, emotivi, personali, comunitari portando su di sé il peso e la responsabilità di rappresentare il paese a cui si appartiene.
Proprio in virtù di questo, puntare il dito contro chi perde, contro chi arranca, contro chi sbaglia, contro chi si perde non è giusto, non è onesto nemmeno deontologicamente perché dimentica il sacrificio e la dedizione fino allo stremo delle forze di chi sceglie una strada come quella dello sport professionistico.
E nel nostro paese la destra da sempre sensibile allo sport praticato dagli italiani ha subito presentato una bozza di legge per incentivare lo sport con maggiori deduzioni fiscali…ma su questo pare ci sia un accordo anche con le rivali forze politiche perché lo sport dona a chi lo pratica – a tutti i livelli dal dilettantismo al professionismo – la capacità di affrontare la vita con una marcia in più, quella della tolleranza , della comprensione, della pazienza, del senso dell’attesa, della sconfitta, della determinazione, della volontà, della caparbietà e ovviamente della vittoria.
Fare sport insegna a vincere si, sicuramente, ma insegna ancor più a perdere…a trovarsi indietro e non arrendersi, a vivere la sconfitta con amara delusione si ma con la forza interiore di superarla…il che nella vita che spesso ci pone di fronte a grandi dolori e a grandi disattese inattese, può davvero aiutare ad affrontare la propria esistenza con una marcia in più.
Se infatti si presta attenzione non alle polemiche o al parolaio dei giornali, ma alle dichiarazioni e alle parole degli atleti si impara tanto e immediatamente si dovrebbe operare uno switch tra i telefonini in mano ai ragazzi e dei bei auricolari per fargli ascoltare ed interiorizzare messaggi di valore come quelli che i nostri atleti stanno provando a trasmettere, in modo spontaneo perché interiorizzati e sentiti.
Allora via tutte le polemiche … le rivalità … le discriminazioni sulle identità di genere … le accuse …le ironie su certe scelte o su certi risultati perché dovrebbe restare illuminato al centro della scena esclusivamente il valore dello sport in sé senza ghirigori o ricami ulteriori.
Le parole della giornalista contro la nuotatrice che esulta per un quarto posto sviliscono questo messaggio dello sport, lo indeboliscono perché pretestuosamente non vedono il successo anche nell’insuccesso quando molto probabilmente per l’atleta olimpica il traguardo raggiunto era al di là delle sue aspettative e quindi un grande risultato.
E poi emerge la devozione nell’affrontare la situazione complessa come i disagi del villaggio olimpico di Parigi con tutte le notizie che sono filtrate attraverso le dichiarazioni degli atleti, fra cui i letti di cartone, l’assenza di aria condizionata o il cibo inadatto o i primi casi di malesseri e escherichia coli per chi ha incontrato e ingoiato la Senna.
E se è vero che oggi lo sport in media è praticato di più dalle nuove generazioni non è però la loro vera passione…molto più semplice giocare in modo interattivo o saltare davanti ad uno schermo che recarsi in piscina o in palestra, pur se calendarizzate nelle loro agende di impegni.
Quanti giovani stanno seguendo davvero le Olimpiadi con passione e curiosità se non con tifo? Pochissimi!
Quasi tutti trascorrono le loro giornate anche estive a scorrere con il dito il cellulare sotto l’ombrellone o in riva al mare o su un muretto la sera rinunciando alla socialità!
E’ spaventoso e deprimente assistere tutt’oggi ad uno spettacolo inaccettabile …salvo rare eccezioni e senza voler generalizzare , non esiste più la partita di pallone organizzata in estemporanea su campetti improvvisati o una beach volley da strapazzo o un tiro di bocce o ancora una rilassante corsa sul lungomare…
I ragazzi si incontrano sì ma per cercare l’eccesso, la violazione, la trasgressione fatta di velocità, fumo e alcool immersi negli schermi dei loro cellulari senza nessuno che suoni una chitarra o improvvisi un bagno notturno o un semplice gelato per strada in riva al mare…c’è la smania del rincorrere cosa non si sa, non lo sanno nemmeno loro.
Più volte interpellati, i più manifestano un sentimento di noia, di apatia, di privazione pur avendo tutto anzi troppo.
E il rifugio ritorna ad essere sempre quello dello smartphone con il suo mondo artificiale, irreale, inconsistente,apparentemente intimo e protetto nonché vero .
Smettono le relazioni…a parte l’emozione del primo bacio scompaiono le emozioni legate ad un’amicizia nata per caso su una spiaggia o in discoteca o su un lungomare gremito…
Non è tutto così, ma molto e’ così !
Le passioni e lo sport insegna a scoprirle, conoscerle, attraversarle e amarle, rendono la vita meno piatta e noiosa e educano alla relazione, alla socialità, all’amicizia fondamentale nella vita di tutti ancor più in quella dei giovani.
Allora Olimpiadi 110 e lode a prescindere dal podio raggiunto e dalle medaglie totalizzate, dalla Senna inquinata e dalla mancanza di aria condizionata perché ciò che conta è l’esperienza che vive l’atleta insieme a tutti noi che lo vediamo e tifiamo, questa volta sì che lo schermo, nonostante tutto, ha il suo valore.