Era chiamata “Annella di Massimo” e se fosse vissuta oggi la sua storia sarebbe sicuramente protagonista di qualche trasmissione televisiva o,per qualche giorno,l’argomento più discusso,con tanti commenti e parole di conforto e di rabbia.Ma siamo all’inizio del 1600,quando,purtroppo,delitti d’amore e d’onore,erano quasi considerati la “normalità” per l’opinione pubblica.Quel che invece ci spiace è che questo personaggio,dal talento straordinario,sia stato un pò messo da parte,se la confrontiamo con la pittrice romana Artemisia Gentileschi,sua contemporanea ma molto più famosa.Insomma,tornando alla nostra Annella,chi era?La giovane era una pittrice napoletana del seicento,secolo in cui le donne erano ancora escluse dalla maggior parte delle attività.Nata a Napoli,nel 1613,Diana De Rosa,fin da giovanissima fu “iniziata” all’arte della pittura dallo zio paterno,Pacecco De Rosa,noto pittore napoletano dell’epoca.Fu infatti Pacecco che quando Anella era bambina e si divertiva a “scarabocchiare” delle bozze,a consigliarla e instradarla,anche se la piccola già dimostrava un vero talento per il disegno.Il caso volle che lo zio lavorasse presso la bottega di Massimo Stanzione,il pittore che il popolo napoletano più adorava.Nel dare consigli ad Annella,lo zio prendeva come esempio proprio Stanzione,ripetendole continuamente come avrebbe fatto “Il Maestro Massimo”.Nei sogni e nei desideri della piccola,ormai non vi era altro desiderio che conoscere Massimo Stanzione!L’occasione finalmente si presentò sotto forma di una sorta di esame,che fu richiesto dalla stessa Annella.I risultati furono esaltanti,tanto che il Maestro propose alla ragazza di iniziare a lavorare in bottega da lui.Fu così che nacque “Annella di Massimo”,cioè Annella allieva di Massimo Stanzione,che ben presto riuscì a diventare la sua alunna preferita,tanto da permetterle,molto spesso,copiando i bozzetti,di iniziare le tele che poi il maestro completava e firmava.Il tempo passava,la ragazza migliorava nella tecnica e nel talento ogni giorno di più,ma anche il suo corpo si stava trasformando,crescendo e molti giovani,anche facoltosi,la corteggiavano,rapiti dalla sua bellezza e dalla sua arte.Fra questi,chi riuscì a “spuntarla”,fu il giovane pittore Agostino Beltrano,grazie anche all’intercessione del Maestro e dello zio della ragazza.Un matrimonio forse non d’amore,ma che permise ai due coniugi una fitta collaborazione artistica.Ma fu grazie all’immenso talento della ragazza,che il marito riuscì a godere di una certa fama.Tutto scorreva nel modo giusto,la donna riceveva molte offerte da ricchi e aristocratici,desiderosi di farsi raffigurare da lei.Ma la tumultuosa Annella aveva il terrore che la sua arte fosse per sempre relegata ai salotti e che quindi la sua arte potesse andare vanificata,fu così che ancora il Maestro Stanzione,dall’alto della sua autorità,ottenne per la sua giovane allieva,un ordine di due dipinti da collocarsi nella chiesa della Pietà dei Turchini.L’occasione di farsi conoscersi e apprezzare dal pubblico era finalmente arrivata e la donna non la sprecò,eseguendo alla perfezione i due lavori,che rappresentarono la nascita e le morte della Vergine.Ma siamo nel 1600,come abbiamo detto era impensabile che una donna all’epoca potesse avere spazio in certi ambienti e fu così che altri pittori,gelosi e invidiosi del talento della nostra protagonista,misero in giro alcuni voci e cioè che le opere eseguite,fossero in realtà dello stesso Massimo Stanzione.Fortunatamente le voci si dispersero nell’aria e la fama di Annella crebbe,tanto che tutte le famiglie aristocratiche inizarono a desiderare di possedere un suo dipinto,lasciandola addirittura libertà di scelta per il soggetto.Ormai “Annella di Massimo” era sulla bocca di tutti,tanto che molte donne,spinte forse dall’invidia o dalla semplice emulazione,iniziarono a dedicarsi allo studio della pittura,con,però,scarsi risultati.La ragazza,senza “scomodare” il Maestro,fu reclutata da altre pubbliche comunità.Fu così che nella Chiesa di Monteoliveto apparve un suo quadro,poi fu sostituito da un opera di Solimene,che raffigurava l’apparizione della Vergine ai benedettini.Un altro,raffigurante San Giovanni Battista,fu invece esposto nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone.La nostra storia sta per volgere al termine,siamo nel 1642 e la tragedia stà per compiersi.La protagonista,ci narrano le cronache dell’epoca,fu una vecchia serva.Un giorno il Maestro Stanzione,che aveva ormai cinquantasette anni,si recò nello studio di Annella,che di anni ne aveva appena ventinove e sempre più bella e attraente.Il Marito della giovane era assente e lei era occupata a dipingere su tela la raffigurazione della Sacra Famiglia.Stanzione fissò la tela e ne rimase così estasiato e sbalordito di tanta bellezza e perfezione che afferrò Annella e la strinse fra le sue braccia,come un padre affettuoso orgoglioso di sua figlia.Purtroppo quest’abbraccio non sfuggì agli occhi della serva che,sopresa e sbalordita,relazionò dettagliatamente l’accaduto ad un garzone della casa,facendo nascere il classico “inciucio”.Evidentemente la donna era ligia al suo dovere domestico, e quando Agostino Beltramo tornò nella sua casa,fu lei stessa a raccontare il nefasto gesto fra i due pittori.Furente di gelosia Agostino sguainò la spada e senza ascoltare repliche da parte della moglie,la trafisse a morte,da parte a parte,per poi scappare in Francia per sottrarsi al caracere.Fu così che la triste storia di “Annella di Massimo” terminò,una donna che sfidando le convenzioni dell’epoca,con il suo talento indiscusso,poteva regalare ancora molto alla sua amata città.