“Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo?”, dichiarava il mitico Eduardo De Filippo, nella commedia Questi Fantasmi, intento a sorseggiare il caffé. Chi è napoletano può perfettamente capire l’importanza del caffè nella vita quotidiana, perché non si tratta semplicemente di una bevanda gradevole da prendere all’occasione, è una tradizione, un rito. Assieme al babà, alle sfogliatelle, alla pizza, ai maccheroni, il caffè è un simbolo, un’icona di Napoli. Esso costituisce una liturgia sociale, un modo per interrompere, anche se per poco, gli impegni e incontrarsi con gli altri. Diventa quasi un pretesto per fare due chiacchiere, scambiarsi qualcosa: una confidenza, una battuta.
Il caffè ha origini antichissime, citato nella Bibbia, da Omero e altre fonti che si riferiscono alla cultura araba. La bacca rossa, proveniente dall’Africa, fu utilizzata dai nomadi della tribù etiopia dei Galli come alimento: i semi e la ciliegia venivano impastati con del grasso animale e usati come sostentamento durante gli spostamenti nel deserto. Tuttavia, non essendo particolarmente piacevole di gusto, gli arabi sperimentarono una preparazione alternativa macerando in acqua fredda prima i frutti interi, poi solo i chicchi verdi. Da qui al decotto, il passo fu breve. Ma, anche se i chicchi venivano bolliti, il risultato in tazza continuava a non essere piacevole. Fu solo nel 1200 che gli arabi scoprirono la tecnica di abbrustolimento del caffè. Dopo aver tostato e macinato i chicchi, la polvere ottenuta veniva fatta bollire in acqua e, dopo qualche minuto, ecco servita la prima tazza di caffè. Ben diverso da quello che siamo abituati a bere oggi, ma sicuramente migliore della prima “pasta” proposta dai Galli. Il caffè giunge in Occidente tra il 1500-1600 grazie all’arrivo nei porti di Venezia e Marsiglia di navi con sacchi contenente i chicchi.
Per i napoletani il caffè è una bevanda alla quale non si può assolutamente rinunciare. A quella famosissima battuta “a’ tazzulella e café” hanno fatto riferimento pittori, musicisti, attori, autori. Si ricordi la canzone di Modugno O cafè che ne decanta la bontà (“Ah, che bellu ccafé! Sulo a Napule ‘o sanno fà e nisciuno se spiega pecché è na vera specialità“). Questa sua importanza è sottolineata dall’invenzione nel 1800 della “caffettiera napoletana” che alternava il metodo di preparazione per decozione alla turca al metodo di infusione ala veneziana, con un sistema a doppio filtro. Preso a qualsiasi ora del giorno, l’uso del caffè testimonia il legame indissolubile con la sua città.