Con l’avvento di Carlo III di Borbone sul trono del Regno di Napoli e di Sicilia, si determinarono i caratteri di una grande svolta storica, costituiti dalle speranze di rivalsa economica e sociale dei rispettivi stati; una speranza accompagnata da un generale clima di fiducia, sia da parte dei nobili sia degli ecclesiastici, nelle possibilità finanziarie del giovane principe che godeva della fama di grandezza e ricchezza. Sebbene le aspettative di crescita economica caddero presto, Carlo di Borbone si adoperò in opere di ricostruzione, che oggi rappresentano l’eccellenza architettonica nel mondo: il Teatro San Carlo, la Reggia di Caserta, la Reggia di Capodimonte, il Museo Borbonico, oltre alla fondazione di giardini, chiese, ospedali e palazzi. Tra questi ultimi, emerge l’ambito progetto del sovrano che risiedeva nella costruzione del Real Albergo dei Poveri (RAP), situato in piazza Carlo III alla fine di via Foria, che rappresenta uno dei palazzi settecenteschi più grandi d’Europa. Il progetto fu affidato inizialmente all’architetto fiorentino Ferdinando Fuga nel 1751 e prevedeva di ospitare i poveri, i diseredati, gli sbandati e gli immigrati di tutto il regno, per un totale di circa 8000 persone. In un primo momento, Ferdinando Fuga venne affiancato nel lavoro da Giuseppe Galbiani (sostituito dal figlio Ferdinando nel 1778) fino al 1781, quando, a seguito della morte dell’architetto fiorentino, la direzione venne affidata per un breve periodo a Mario Gioffredo e, successivamente, a Carlo Vanvitelli. Quest’ultimo, essendo impegnato anche nel cantiere di Palazzo Reale, delegò un suo fidato collaboratore, Francesco Maresca, a occuparsi dell’Albergo dei Poveri. L’opera di costruzione, tuttavia, venne interrotta a causa delle ingenti somme economiche cui servivano per la sua fondazione. La struttura ospitava all’inizio donne, uomini, ragazzi e ragazze, ai quali venivano offerti, oltre che vitto e alloggio, un’istruzione e la possibilità di imparare un mestiere. Vista la mancanza di risorse, molti degli uomini presenti nell’Albergo vennero assunti come muratori per completarne la costruzione, mentre a molte donne vennero regalate le fedi nuziali affinché potessero trovare marito e lasciare velocemente il palazzo. I lavori ripresero nel 1819 grazie ad una donazione di re Ferdinando I, per essere definitivamente sospesi nel 1829, lasciando incompiuta la chiesa e la facciata principale che presenta numerose file di finestre e, nella parte centrale, una scalinata a doppia rampa che anticipa i tre archi d’ingresso. Successivamente, nel 1838 il palazzo adempì anche alla funzione di scuola; difatti, nacque un istituto di correzione minorile che fece guadagnare alla struttura anche il nome di Reclusorio. Purtroppo, col passare degli anni, le cose non andarono secondo le previsioni. Nel 1857, la struttura ospitava più di 5000 persone, ma per la incessante diminuzione di fondi, le condizioni di vita al suo interno peggioravano sempre di più. Chi vi lavorava non riusciva più a far rispettare le regole e gli “ospiti” cominciarono ad abbandonarsi all’ozio, mentre molti altri si dedicavano a piccoli furti e alla prostituzione. Infine, nel 1981, si verificò il crollo dell’ala destra dell’edificio a causa dei danni subiti durante il terremoto nell’anno precedente. Nonostante le difficoltà di realizzazione di questa maestosa opera, numerosi sono stati i progetti per il recupero della struttura, soprattutto dopo il 1995, anno in cui l’Unesco ha inserito il Real Albergo dei Poveri tra le opere appartenenti al Patrimonio Mondiale.