Nel Quartiere Stella, in una piccola Piazza, tra Via Sant’Arcangelo a Baiano e Via Salvatore Trinchese, fu teatro di un episodio scottante. In questo piccolo spazio, furono costruiti una chiesa con un convento annesso. La chiesa fu eretta sulle fondamenta di un’antica cappella, già dedicata a San Michele Arcangelo. Ma allora perchè aggiungere il predicato “a Baiano“? Vi sono numerose intepretazioni, forse deriva dalla denominazione medioevale di Vicus Baianus, che venne modificato in Piazza Luce e successivamente nel più popolare “Scannacardilli“. Un’altra interpretrazione è quella secondo cui numerosi cittadini di Baia, vennero a insediarsi in questo luogo. O ancora potrebbe ricordare il nome di una famiglia importante denominata “De Baiani“. Ma ancora più interessanti, sono le vicende che si svolsero all’interno del Monastero.
Nato come luogo di particolari privilegi e frequentato da fanciulle appartenenti alla nobiltà napoletana. Fra i vari privilegi le religiose ebbero l’esclusiva della proprietà di un corso d’acqua, detto Fistola, che sgorgava lì vicino. Ma questi privilegi, elargiti con eccessiva leggerezza, portarono nel 1577 a sopprimere il Convento e trasferire le suore nel complesso di San Gregorio Armeno, per l’intercessione di Sant’Andrea di Avellino. Costui era stato chiamato nel convento come padre spirituale. Sant’Andrea, in un colloquio con l’arcivescovo, consigliò di porre fine alle vicende che si svolgevano, che vedevano protagoniste le giovani fanciulle: Giulia Caracciolo, Agnese Arcamone, Chiara Frezza e Luisa Sanfelice. Esse osavano invitare di notte degli spasimanti, trasformando il convento in un luogo di incontri amorosi, che spesso sfociavano in amore di gruppo.
La scottante vicenda sarebbe in realtà restata a conoscenza di pochi, se in Francia, nel 1829, non fosse apparso uno scritto dal nome “Cronaca del Convento di Sant’Arcangelo a Baiano“. Tradotto successivamente in italiano, fu poi diffuso a Napoli. Lo scrittore si soffermava su tutti i particolari e non nascondeva il nome delle famiglie coinvolte. Questo fece si che tantissimi lettori, scandalizzati e nello stesso tempo desiderosi di diffondere la notizia, avessero sollevato un interesse molto ampio su questa vicenda. In effetti il periodo a cui è riferita la notizia, non passa alla storia come il più “casto” del Regno di Napoli.
Fu addirittura il vicerè Don Pedro de Toledo coinvolto in una storia di corna con la nobildonna Vincenza Spinelli. Il marito, nobile anch’egli, cercò di riportare la moglie all’ordine. Il vicerè, democraticamente, lo accussò di colpe mai commesse e succesivamente lo fece uccidere dai sicari. I fratelli di donna Vincenza, a causa dell’enorme scandalo, dovettero abbandonare la città, mentre la sorella, non curante, andava a convivere nel palazzo vicereale con il suo amante. La famiglia Spinelli, per riparare allo scandalo si rivolse all’imperatore Carlo V, chiedendo un matrimonio riparatore che mettesse fine ai pettegolezzi. La nobiltà del tempo ebbe quindi molte vicende su cui spettegolare e riportare nel tempo come scandali irracontabili.