Sesso e religione nella Napoli del ‘600
Uno scandalo che coinvolse religiosi, aristocratici e politici di allora
Intorno al 1611 scoppia lo scandalo di suor Giulia de Marco, una ex francescana di umili origini che in odore di santità fonda una congregazione piuttosto equivoca che travolse i salotti aristocratici e le piazze di Napoli. Tutto iniziò nel 1603, quando la terziaria francescana Giulia de Marco incontrò due giovanotti. Il primo, Aniello Arcieri, (di Gallipoli) figlio di un calzolaio, il secondo Giuseppe De Vicariis un avvocato napoletano squattrinato e brillante, sposato con figli, noto per la «facondia naturale» I tre costituiranno un triangolo perfetto mettendo in piedi una setta, che per le sue particolari caratteristiche non ebbe eguali.
Ovviamente, il fulcro di tutto è lei: la “ PIA”che vuole seguire le orme di Orsola Benincasa..
Giulia de Marco nasce in Molise (a Sepino) nel 1575, figlia di un contadino e di una schiava turca, alla prematura morte del padre all’età di 12 anni viene ceduta ad una coppia di Cava dei Tirreni, ma dopo la morte dei genitori adottivi la ragazzina viene affidata ad un’altra parente di Napoli, e fu in questa casa che fu sedotta e abbandonata da un giovane servo. Dalla relazione nasce un figlio che la giovane Giulia abbandona nella “ruota degli esposti” dell’Annunziata. Traumatizzata da tutto ciò decide di votarsi alla fede in modo esasperato. Ed è proprio questo suo donarsi alla religione che sarà notato da padre Aniello, che è il suo confessore. Da li a poco inizia anche a raccontare di avere visioni mistiche e ben presto per tutti quelli che la circondano diventa la «Madre».In poco tempo grazie al suo innato “carisma” viene seguita dal popolino, dall’aristocrazia cittadina e persino dai membri della Corte spagnola, e dalla viceregina. Ed è a questo punto che entrano in scena i ”due marrani”.
Insieme,i tre, elaborano alcune teorie poco ortodosse ma molto suggestive. Per prima cosa ,l’atto sessuale non solo non doveva essere considerato come peccato (e in tal modo il voto di castità può tranquillamente essere rimosso) ma doveva essere considerato come una cosa piacevole a Dio, perciò tutti dovevano divulgare tale teoria.Fu De Vicariis che in seguito trasforma dei banali giochi erotici in un elaborato percorso mistico di fede. Tutto questo prenderà il fantasioso nome di «carità carnale». Quindi: essendo Giulia considerata «santa», l’adorazione del suo corpo e le sue parti intime potevano sostituire in toto la preghiera e venivano riconosciute come: “atto di carità Carnale”. Ovviamente il successo della congrega diventa in men che non si dica enorme grazie al gran numero di adepti, (illustri nobili e molti prelati religiosi). Essi si inginocchiavano con sempre maggior impegno tra le gambe della donna per «Santificarsi». Perfino il Reggente del Collaterale travolto da questa spirale mistica, mette a disposizione della Madre e dei suoi adepti ,(nel 1611, a Palazzo Suarez,) una serie di stanze . Ovviamente però esistevano delle regole: I mariti e gli uomini al di sopra dei 25 anni erano esclusi dalle “preghiere” con la «Madre» essi erano dirottati in un’altra stanza dedicata esclusivamente alla preghiera classica. Solo i maschi più giovani possono incontrare Giulia e le altre devote (di tutte le età) nelle stanze della casa. .
Per il popolino e i nobili Suor Giulia è una santa e le dimensioni della confraternita assumono proporzioni impressionanti: tra i seguaci era possibile trovare , il vicerè Conte di Lemòs ,la contessa sua moglie, i il principe Tiberio Carafa di Stignano e consorte, il principe Maida di Casa Loffredo con moglie e figli, le principesse di San Severo e dello Stiglio di Casa Aquaviva; insomma quasi tutta la Corte spagnola a Napol ie decine di altri nobili sia napoletani che spagnoli. Ed ancora, i cardinali Ginnasio e Borges, tre arcivescovi, due vescovi, 39 padri della Certosa di Napoli, nonché un gran numero di Carmelitani scalzi Ben 70 tra suore e frati spagnoli, poi 33 suore del convento della Concezione, 19 di quello di Nocera, tutte le 113 monache del monastero di Donna Regina e tanti tanti altri ancorai.
nel 1606, iniziano i primi problemi quando l’inquisitore locale, il vescovo di Caserta Deodato Gentile, apre un’inchiesta su padre Arciero e sulla terziaria francescana per i suoi presunti doni di chiaroveggenza viene così allontanata da Napoli ed inviata a Cerreto Sannita prima e a Nocera poi.. Ma al suo rientro in città verso la fine dell’estate del 1611, nonostante lo scandalo fu accolta da centinaia di persone e dal suono a festa delle campane. La sede della setta è ospitata prima nella casa dell”avvocato Michele Urbano e poi in una villa extra moenia (in località Fonseca).Ovviamente questo immeritato trionfo irrita la «santa viva» Suor Orsola Benincasa, . facendo si che i potenti Teatini di San Paolo Maggiore, si scagliassero con ferocia contro l’eresia di quella setta. Carpendo informazioni ad una giovane e ingenua adepta della setta gli investigatori teatini , trovano abbassate le difese di Giulia, convinta di aver risolto i suoi problemi con l’Inquisizione e quando si accorge della trappolacerca di correre ai ripari chiedendo l’aiuto della potente Compagnia di Gesù. Ma ormai è tardi nemmeno l’intervento del Conte di Lemos, che minaccia di cacciare i teatini dal Regno, riesce ad evitare il peggio.
L’arma segreta è un’accusa molto più grave del sesso: Giulia ha legami con il diavolo che gli rivelava i segreti del regno. In realtà era l’amico Aniello, che in qualità di confessore poteva assumere informazioni riservate .informazioni che dava ogni volta che si inginocchiava davanti alle parti intime della Madre, baciandole e chiamandole porte aperte del paradiso,( come del resto facevano gli altri seguaci). Dopo un mese, il Nunzio apostolico dà l’ordine di arrestare Suor Giulia. La città reagisce, e allora i giudici del Sant’Ufficio per paura di una sommossa, la fanno condurre a Roma in gran segreto, di notte. La mattina del 12 luglio 1615, nella chiesa romana di Santa Maria alla Minerva, Suor Giulia, padre Aniello e l’avvocato De Vicariis fanno pubblica abiura. Un mese dopo,(il 9 agosto,) i tre ripetono tutto nella cattedrale di Napoli. Ecco le parole di Giulia: «…Abiuro, maledico detesto et anatamatizzo le suddette eresie, quali dicono, che gl’atti carnali, anche con pollutione procurata, non sono peccati…».
Per queste eresie c’era solo una fine, il rogo ,ma nessuno dei tre vi brucerà, finiranno i loro giorni nelle prigioni di Castel Sant’Angelo. Per tutti gli altri, invece, amnistia!