“Terra chiama Kepler 452b. In attesa di risposta.” Una stella intorno alla quale orbita, come il nostro Sole. Un anno di 385 giorni. La medesima alternanza giorno/notte. Forza di gravità, temperatura, clima e terreno favorevoli alla presenza di acqua. Il pianeta gemello della Terra si chiama Kepler 452b: così lo ha battezzato la Nasa. E tuttavia non è questo ad interessarci. Ad interessarci è la vita. È quella che cerchiamo ed abbiamo sempre cercato. Che studiamo a tavolino in laboratorio per cercare di riprodurre. Per il momento inutilmente. Manca qualcosa. Manca l’anima. Dove sono gli “altri”? Come saranno gli “altri”? Simili a noi o forse dei semplici microorganismi oppure cugini di ET. Sono gli altri che cerchiamo. Perché ci sentiamo soli a girare come palla impazzita e priva di senso in un universo che forse è infinito o forse solo talmente vasto da non poter essere compreso da chi è finito. Perché l’antica concezione di padre fondatore al centro dell’universo è diventata insopportabile ed opprimente per un piccolo uomo con due gambe e due braccia che a stento riesce a portare il peso delle responsabilità della propria vita. Perché soli non vogliamo essere e soli non ci sappiamo stare. Inviate messaggi. Lanciate palloncini. Inoltrate loro i vostri sogni. Che ci venissero a prendere. Che ci insegnassero un nuovo modo di vivere o di morire. E Giordano Bruno ne sarebbe immensamente felice.
Se fossimo soli nell’universo, sarebbe un vero spreco di spazio.
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