Nel cuore di Napoli accompagnati dall’ottima e preparata guida di MANI E VULCANI,ci siamo addentrati nel cimitero nascosto nel cuore della Sanità : qui si trovano l’anem ‘o Priatorio: quarantamila cape ‘e morte, teschi allineati ad almeno quattro metri di profondità . Entrando ci si fa il segno della croce, gesto istintivo come pure è quello di,toccare un teschio. Anime pezzentelle, poverelle,anticamente c’era l’usanza di adottare un teschio. Chi lo faceva,lo puliva,gli cambiava di posto e pregava chiedendo una grazia. Guardandosi intorno si percepisce e ti avvolge un sentimento di tristezza . Il rapporto della città di Napoli con la morte è l’altra faccia della vita: non la scaccia, non la nasconde. Le anime del purgatario sono il giusto legame con l’aldilà , quelle che guidano e proteggono chi è ancora in vita. Piano piano la guida ci fa rendere conto di tutto ciò che ci circonda. Il silenzio, l’enormità degli spazi illuminati da una luce avvolgente,il ritmico brusio delle parole appena sussurrate delle persone che ci precedono sembrano trasportarci indietro nel tempo . Da alcune fessure escono fasci di luci sapientemente dosati che si poggiano sui poveri resti,sottolineandone i dettagli. Il ramo centrale di questa cava invece è ben illuminato propio per mettere nel giusto risalto l’altare delle tre croci, la statua di San Vincenzo e la piccola cappella, mentre si possono appena distinguere, in ombra,le ossa degli appestati e i banchi delle preghiere. Ai piedi di San Gaetano troviamo un pezzo di leggenda. “Uno sposo irriverente” una sposa che aveva una venerazione per il teschio e un uomo che compare al banchetto di nozze vestito da capitano spagnolo facendoli morire tutti e due di paura,mostrando sotto la giubba solo uno scheletro. Non esistono né nomi né storie tranne che per due, Filippo Carafa, conte di Cerreto dei duchi di Maddaloni, e di sua moglie, che la credenza popolare vuole soffocata per uno gnocco. Un tour affascinante e da non perdere.