“Ogni dolore è indivisibile”
- Trama:
“Il lungo anno in cui morì nostra figlia fu il più bello della mia vita.”
Una frase così, la può dire solo un padre: un padre sfacciatamente innamorato, arrogante, disperato, esibizionista, inerme, sarcastico, corazzato di tutta l’eloquenza della lingua francese. Philippe Forest ci racconta la vita e la morte di Pauline dal primo all’ultimo giorno. Pauline è una bambina di tre anni che ha un lieve dolore al braccio sinistro. Il pediatra, un po’ preoccupato, le prescrive una serie di analisi. Si tratta di un cancro rarissimo che si diffonde rapidamente e le fa gonfiare l’arto. I genitori, Alice e Philippe, seguono costernati l’ingranaggio clinico. Dopata di morfina, la bimba subirà un’operazione… è un successo di breve durata, la “pallina” torna e con essa il dolore. Dopo il calvario di più ospedalizzazioni risulta che il male ha raggiunto un polmone. Una seconda operazione riesce, ancora una volta, a sopprimere il tumore e tuttavia “il cancro era come una fiamma che correva su un grande foglio di carta”. Si estende all’altro polmone, impedisce alla bimba di respirare. Stavolta è veramente la fine, è soltanto una questione di ore, di minuti. I genitori assistono alla morte della loro unica figlia. Questa la trama, fredda, spietata. Philippe Forest non lo è. Con una scrittura vibrante e poetica racconta le giornate di vacanza con Pauline, i suoi giocattoli preferiti, le fiabe condivise, la pazienza e il coraggio di quella creatura, la sua maturità di fronte al dolore e all’impensabile. Intreccia e fonde questa storia con la storia della letteratura, lascia che venga sbranata dalla letteratura proprio perché ha imparato che i corpi amati scompaiono, mentre le parole che verranno fabbricate dopo la morte non salvano e non abbelliscono nulla. Vincitore del Prix Femina 1997, Tutti i bambini tranne uno, pubblicato per la prima volta da Alet nel 2005, e oggi riproposto da Fandango, è il libro che ha reso celebre in Italia questo autore.
Fandango Libri
- Recensione: Non è facile per un genitore ripercorrere la malattia di un figlio, soprattutto se questa conduce alla morte un tesserino di appena quattro anni. Sono pagine di forte dolore, ma anche di grande speranza. I personaggi, in primis la piccola Pauline, sono forti ed agguerriti, perché non è concepibile che un male così devastante possa colpire bambini così piccoli. Una famiglia unita dove l’inno alla vita è cantato a squarciagola dalla tenera bimbetta che crede ancora alla magia e che spera sia proprio quella a farla guarire completamente. Ci saranno momenti in cui il maligno sembri essere stato sconfitto riportando i sorrisi e la voglia di riprendere da dove si era interrotto, ma tornava sempre, più crudele ed inesorabile di prima. Pauline si rifugia nella storia di Peter Pan, la sua favola preferita ed è grottesco quanto il vero significato di questa fiaba trovi attinenza con quello che sta vivendo. Forest, analizza minuziosamente il romanzo, altro non è che una metafora sulla morte: Peter è l’angelo della morte che traghetta le anime dei bambini al di fuori dal mondo terreno; Uncino non è adulto, ma un giovanissimo che ha perso la sua mano divorata da una male tremendo e lotta contro il tempo scandito dal coccodrillo Tic Toc e la paura che la malattia possa tornare. Unica pecca di questo libro sono le divagazioni, a mio avviso autocelebrative in cui lo scrittore si perde andando a citare i grandi filosofi del passato distogliendo (e spesso annoiando) il lettore dal punto principale sottolineando la sua cultura umanistica.
La morte di Pauline viene descritta con grandissima delicatezza che non posso fare a meno di riportare fedelmente :
“In ospedale, Peter Pan era venuto a prendere Wendy. L’avrebbe portata con lui fino all’Isolachenoncè. Già il suo papà gliel’aveva descritta, ma lui mancava orrendamente d’immaginazione. Tutto era tanto più ricco e incantato. Allora Peter spalancò le vetrate. Wendy posò sulle labbra dei genitori un lungo tenero bacio in sogno. Sapeva che non li avrebbe più rivisti. fece scivolare la mano in quella di Peter. Saltarono dalla finestra dell’ospedale dei bambini malati. E seguendo la scia di luce che Campanellino aveva lasciato, volarono insieme fino al mattino.”
- Philippe Forest è nato nel 1962. laureato in lettere ha insegnato in diverse università inglesi. dal 1995 è professore di letteratura all’università di Nantes. E’ critico letterario, cinematografico e d’arte, tra i numerosi volumi ha pubblicato: Il secolo delle nuvole, per tutta la notte, Sarinagara, L’amore nuovo. La sua recente opera, Piena, uscirà in autunno per Fandango
La piccola Pauline Forest