Domani, 17 maggio, è la Giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia (International Day Against Homophobia and Transphobia), promossa dall’Unione Europea a partire dal 2007. Questa ricorrenza, invero, fu celebrata, per la prima volta, nel 2005, quando il francese Louis-Georges Tin, curatore del Dictionnaire de l’homophobie, a 15 anni dalla rimozione dell’omosessualità dalla lista delle malattie mentali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – che la definì una normale variante della sessualità umana -, decise di istituire questa giornata a commemorazione dell’evento. Dal 2009, poi, la Giornata si è ampliata con la condanna anche verso i gesti di violenza contro le persone transgender e di ogni gesto o forma di violenza legata all’orientamento sessuale delle persone.
Come sappiamo, il tema, negli ultimi tempi, anche a seguito alle polemiche dopo l’intervento di Fedez sul palco del Primo maggio, è particolarmente caldo in Italia. Tante, infatti, sono le discussioni attorno al ddl Zan (che, come di consueto, prende il nome dal suo relatore, ovvero il deputato del Pd Alessandro Zan), il quale è già stato approvato alla Camera nel novembre del 2020, ma sta riscontrando numerose difficoltà al Senato, soprattutto per via dell’ostruzionismo della Lega Nord e del suo senatore Andrea Ostellari, presidente proprio della commissione Giustizia. Lo scorso 28 aprile, la situazione si è sbloccata e il ddl è stato calendarizzato a Palazzo Madama ma il problema è che il relatore sarà lo stesso presidente Ostellari, che ha deciso di trattenere la delega come relatore unico; dunque non ci sono ancora certezze sulla sua definitiva approvazione. Difatti, le destre, quindi anche Fratelli d’Italia e Forza Italia, con le loro posizioni assai retrive su questo argomento – e bisogna dirlo! -, si oppongono strenuamente a questo disegno di legge che altro non è, invece, una misura di grande civiltà che, in forme similari, è già prevista da parecchio tempo praticamente in quasi tutta Europa, oltre che in America. Il ddl Zan, per chi non lo sapesse, si prefigge proprio di porre un argine ai fenomeni di intolleranza verso le persone LGBT e, in aggiunta, anche verso le donne e i disabili. In effetti, il disegno di legge prevede delle aggravanti non solo per l’omolesbobitransfobia ma pure per la misoginia e per l’abilismo. Siccome in questi giorni stiamo leggendo moltissime inesattezze, se non proprio menzogne da parte di alcuni esponenti politici e di giornalisti che si oppongono in maniera ostinatamente ottusa, ci sembra doveroso, pure da parte nostra, contribuire a fare un po’ di chiarezza. Innanzitutto, occorre specificare che non verrà assolutamente legalizzata la maternità surrogata (conosciuta come utero in affitto) né che verrà introdotto il reato d’opinione come vogliono far credere, ma semplicemente sono previste due modifiche legislative. La prima riguarda l’articolo 604-bis del Codice Penale sui reati di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa; la seconda, invece, prende in esame l’articolo 604-ter dello stesso Codice sulle circostanze aggravanti «per i reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo», commessi per gli stessi motivi del 604-bis oppure «al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità». Attualmente, le pene per questi reati prevedono il carcere fino ad un anno e sei mesi o una multa fino a 6.000 euro per la discriminazione, mentre per la violenza effettiva, o l’istigazione ad essa, c’è la reclusione da sei mesi a quattro anni. Per entrambi gli articoli, pertanto, il ddl Zan non fa altro che aggiungere ai motivi già citati anche quelli sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità. In questo modo si va a estendere la cosiddetta legge Mancino, che punisce con il carcere proprio queste tipologie di reato, e si aggiungono anche i cosiddetti «lavori socialmente utili» come misura a cui il condannato si potrà sottoporre in caso di sospensione condizionale della pena. Per coloro che temono di non poter esprimere la propria opinione, in aggiunta, è stato previsto un articolo, il 4, che precisa nitidamente che la punibilità scatterà quando ci sarà un «concreto pericolo di atti discriminatori o violenti» e che le opinioni che non istigano questi ultimi «restano salve». Quindi no, non c’è assolutamente nulla di cui preoccuparsi in tal senso, a meno che, appunto, non si sia in mala fede!
In ultima analisi, per il 17 maggio, il disegno di legge stabilisce che le scuole di ogni ordine e grado dovranno inserire nella propria offerta formativa programmi di sensibilizzazione a questo tipo di discriminazioni; insomma nulla a che vedere con quei deliri che chiamano “teoria gender” e che agitano come uno spauracchio.