Domenica 7 gennaio, in una piacevole serata di fine festività, al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno, la Compagnia del Giullare ha presentato lo spettacolo “Vita quotidiana dei Bastardi di Pizzofalcone” di Maurizio De Giovanni.
Si tratta di una serie di monologhi con i quali i personaggi di quella che è ormai a tutti gli effetti una saga, mettono a nudo le proprie realtà interiori, i propri sentimenti, le proprie paure. È come se in ognuno di loro si evidenziasse un forte eroismo che va oltre quello legato al loro ruolo sociale, ed è quello più forte e pesante: l’eroismo di vivere, di sostenere le loro personali realtà fatte di umiliazioni, disgrazie, ansie.
Argomenti come la disabilità, la persecuzione, l’umiliazione, il bullismo, l’uguaglianza, e finanche la morte, vengono sviscerati dai personaggi secondo le loro personali esperienze. Esperienze dure, non semplici, che pongono gli stessi di fronte ad ardue scelte, a volte influenzate pure dai rapporti interpersonali e lavorativi che li legano, a volte anche forzatamente. Ed ecco che la Caserma di Pizzofalcone, quella che noi tutti vediamo alzando gli occhi dall’azzurro del mare a quello del cielo della bella Napoli, diventa un microcosmo fatto da uomini che, come pianeti, sostengono le loro orbite cercando di evitare qualsiasi collisione. Pianeti totalmente differenti tra di loro, ma che girano quasi esclusivamente nel senso di una malcelata speranza di riscatto, di fuga positiva verso una comprensione della vita più profonda.
I testi, di un realismo quasi disarmante, fanno in modo che lo spettatore possa vivere in prima persona quei dolori, o quelle felicità. In una rivisitazione totale della figura del tutore della legge, quello che vince le proprie paure, attraverso scappatoie a volte non condivisibili, come la morte o il silenzio, ma che le vince (o almeno cerca di farlo). In una città donna, anzi femmina. Capace di creare o di stroncare, come una novella Medea. Capace di attrarre o di far perdere la ragione. Il risultato dell’impegno di tutti gli attori su testi così coinvolgenti, è stata una vera e propria catarsi del pubblico, che ha gioito o sofferto delle stesse, intense emozioni. Ed ecco i loro nomi: Andrea Bloise, Brunella Caputo, Teresa Di Florio, Augusto Landi, Claudio Lardo, Cinzia Ugatti. Guidati dalla regia di Brunella Caputo, che crea sovrapposizioni spazio temporali, con una voce narrante che acquista quasi il valore del coro di una tragedia greca, dove al commento si aggiunge una sorta di collante tra le diverse realtà personali.
Le luci di Virna Prescenzo, erano essenziali ma fondamentali, laddove ogni vicenda era capace di brillare di luce propria.